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Il mare del futuro
Intervista a Edoardo Zanchini
a cura di Diego Tavazzi

In questo articolo parliamo di:

Rapporto Ambiente Italia 2016
Presente e futuro delle aree costiere in Italia

a cura di E. Zanchini, G. Zampetti, S. Venneri

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Come per altri elementi del territorio e del paesaggio, si parla di mare e di coste solo in relazione alle emergenze. Occorre invece ragionare con attenzione e lungimiranza sul presente e il futuro di questi due elementi, fondamentali per il nostro paese dal punto di vista economico e socio-culturale. L’edizione 2016 di Ambiente Italia analizza lo stato delle coste italiane, e presenta una serie di soluzioni per valorizzarle e risolvere le criticità che le affliggono ormai da decenni. Ne parliamo con Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente e curatore, con Giorgio Zampetti e Sebastiano Venneri, di Ambiente Italia 2016.  

Quali sono le principali criticità che affliggono le coste italiane?
I problemi principali delle coste italiane sono la pressione insediativa, l’inquinamento dovuto ai problemi nella depurazione e l’erosione costiera. Sono fenomeni con caratteri diversi e specifici – per esempio case e palazzi sono arrivati a trasformare oltre metà dei paesaggi costieri italiani – ma che oggi hanno bisogno di una lettura complessiva che superi la rincorsa alle emergenze e le politiche separate. Perché i ritardi nella depurazione riguardano ancora troppe città, non solo costiere, ed è vergognosa la situazione di tanti litorali italiani. La stessa erosione costiera è un fenomeno in espansione legato a processi diversi, che riguardano sia le trasformazioni provocate da porti e interventi sul litorale, sia la riduzione degli apporti dei sedimenti dalle aree interne attraverso i fiumi per vie di dighe, sbarramenti e cave. Sono situazioni che diventerà sempre più importante monitorare per capire come intervenire in una prospettiva di cambiamenti climatici.

Quali sono gli impatti dei cambiamenti climatici sulle coste del nostro paese?
I danni provocati da temporali, alluvioni ed esondazioni li abbiamo visti a Genova, Olbia, Messina e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Le ragioni della fragilità delle aree costiere italiane le conosciamo, sono dovute a problemi idrogeologici e alle conseguenze di urbanizzazioni sia legali sia abusive in posti scellerati, perché a rischio dissesto. È ormai evidente che alcuni fenomeni meteorologici – piogge concentrate, ondate di calore – si stiano ripetendo con intensità e frequenza sempre maggiori. Sono le prime possibili avvisaglie dei cambiamenti climatici che rendono i nostri territori costieri più fragili e mettono in pericolo le persone, mentre gli scienziati stanno studiando con sempre maggiore dettaglio dove e come l’innalzamento dei mari avrebbe maggiore impatto. Sono fenomeni che occorre studiare con attenzione e rispetto ai quali dobbiamo mettere in campo interventi di adattamento nei territori e di protezione civile per salvare le persone.

Il mare e le sue coste sono una risorsa fondamentale per l’economia del nostro paese. Purtroppo, fino a oggi molto spesso questa risorsa è stata sfruttata in modo miope e sconsiderato. Le cose però stanno cambiando. Puoi raccontarci qualche esempio virtuoso?
Sono diversi gli esempi di realtà costiere che hanno scelto di puntare su uno sviluppo qualitativo e che stanno vedendo i frutti positivi in termini di crescita del turismo. Legambiente premia ogni anno questi Comuni con le cinque vele e dalla Sicilia alla Toscana, dalla Puglia alla Sardegna, si sta dimostrando come la strada più lungimirante è oggi quella che coniuga tutela del territorio, valorizzazione e recupero del patrimonio edilizio. Per dare una spinta a questa prospettiva occorre però che siano chiare le regole di tutela, e qui la responsabilità è del ministero dei Beni culturali e delle Regioni. Senza dimenticare che il nostro paese deve anche muovere le ruspe per demolire migliaia di case abusive che deturpano le nostre coste e avviare operazioni di riqualificazione in aree che possono in questo modo avere un futuro turistico fuori dal degrado.

Le isole sono uno dei laboratori più interessanti per attuare la transizione energetica di cui c’è sempre più bisogno. Com’è la situazione nel nostro paese?
Le isole minori sono un autentico paradosso italiano. Perché in tutte si potrebbe oggi investire nelle fonti rinnovabili portandole verso l’autonomia energetica, in una prospettiva che oggi è di grande attualità in tutto il mondo, che mette assieme impianti solari, eolici, idroelettrici con reti intelligenti e sistemi di accumulo. E invece nelle isole minori italiane, dove l’elettricità viene prodotta con vecchie e inquinanti centrali diesel, i costi sono altissimi e c’è la minore diffusione di impianti da fonti rinnovabili. È arrivato il momento di cambiare questa situazione, di avere il coraggio di far saltare monopoli e interessi che ancora resistono, per farle diventare dei laboratori di innovazione nelle fonti rinnovabili e nella gestione sostenibile del territorio. L’energia è uno dei tasselli fondamentali, ma occorre guardare anche al ciclo del recupero e riciclo dei materiali, come al risparmio idrico, per realizzare cambiamenti che risolvono problemi storici di cui soffrono le isole e che possono creare lavoro e innovazione ambientale.