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In questo numero:

Migliorare il mondo, guardandolo da Davos di Marco Moro
Economia circolare: Italia sul podio, nonostante la politica continui a tirare dritto... di Diego Tavazzi
Il perfetto equilibrio dell’arancia di Arianna Campanile
Bioeconomia per la rigenerazione dei territori a cura di Paola Fraschini
L’ecomafia, serve molto più di un tweet di Diego Tavazzi
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L’ecomafia, serve molto più di un tweet
Intervista ad Antonio Pergolizzi
di Diego Tavazzi

In questo articolo parliamo di:

Ecomafia 2018
Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia

a cura di Legambiente

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Quante volte avete sentito parlare di ecomafia negli ultimi mesi? Se non siete degli “appassionati del tema”, al massimo vi avrete visto un tweet o un paio di post, dettati ovviamente da opportunismo e calcolo elettorale, nell’assenza di qualunque azione di contrasto reale. Eppure, in tutta Italia, l’ecomafia continua a macinare un sacco di soldi a spese della salute dei cittadini e dell’economia virtuosa. Abbiamo chiesto ad Antonio Pergolizzi, storico curatore del rapporto Ecomafia, di raccontarci gli ultimi sviluppi delle attività delle ecomafie nazionali.

Gli incendi nei depositi di rifiuti in Nord Italia sono ormai una costante nelle cronache giudiziarie. Che lettura si può dare di questo fenomeno?
“C’è sicuramente una strategia criminale, anche se non necessariamente unitaria. Le filiere non si chiudono perché c’è troppa illegalità in campo. Purtroppo, la dispersione dei flussi di rifiuti in mille rivoli illegali alla fine finisce per intasare i pochi impianti di trattamento, che come un collo di bottiglia finiscono per esplodere sotto i colpi di inefficienze e irregolarità. Racket, infiltrazioni, giro-bolla, traffici internazionali e riciclo in nero sono i nemici giurati dell’economia circolare. E gli impianti che bruciano solo l’insopportabile simbolo di questo. Per ogni rogo c’è sicuramente una storia da che non si può raccontare.”

Ci sono segnali di attivismo dal basso in tema di contrasto delle attività ecomafiose?
“Sicuramente sì. In tutto il territorio nazionale e a macchia di leopardo si moltiplicano le buone pratiche, che sono il vero antidoto all’ecocriminalità. Non dimentichiamoci del grande fermento economico e sociale proprio nell’area della Terra dei fuochi, dove cooperative, sindaci e imprese si stanno dando da fare per trasformare la loro terra in un simbolo di riscatto. Non servono gesti clamorosi: basta semplicemente mettere in pratica le Direttive Ue e le norme nazionali.
Ci sono anche segnali negativi. Come la campagna montata ad arte sull’inevitabilità dei termovalorizzatori, a dispetto di tutto il lavoro fatto in ambito Ue, dimostrando ancora una volta quanto ci sia da lavorare sul fronte della conoscenza e dell’informazione e, soprattutto, di come la classe dirigente sia sostanzialmente a digiuno in tema di gestione virtuosa dei rifiuti. Le ecomafie sanno bene anche questo. A domande mal poste si accompagnano risposte sbagliate.”

Sono passati alcuni mesi dall’insediamento del nuovo governo. Che giudizio si può dare, a oggi, sulle attività di contrasto della criminalità ambientale?
“Al netto dei segnali negativi che ho evidenziato prima, su un tema così complesso e delicato serve sicuramente tempo per fare una valutazione approfondita. A capo del ministero c’è sicuramente una persona seria e competente come Sergio Costa, sul quale confidiamo per dare concretezza alla lotta senza quartiere all’ecomafia e al crimine ambientale. Non serve nulla di eclatante, e il Generale Costa lo sa bene, c’è solo bisogno di normalità e di concretezza, riportando al centro il ruolo delle istituzioni e la forza della legge. Speriamo sia l’occasione sperata.”