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In questo numero:

Cambiamenti climatici e lavoro di Marco Moro
Efficienza energetica, in arrivo opportunità per imprese e cittadini di Francesco Petrucci
Ma quali erbacce! di Paola Fraschini
Sepolti dalla plastica? No, grazie di Diego Tavazzi
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Ma quali erbacce!
di Paola Fraschini

In questo articolo parliamo di:

Blue Economy
10 anni. 100 innovazioni. 100 milioni di posti di lavoro

Gunter Pauli

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Il cardo selvatico cresce spontaneamente in Sardegna e, come vuole la tradizione, viene conservato sott’olio per fare da contorno alle carni, se ne ricava un liquore digestivo, si cucina assieme alle patate per farne una minestra saporitissima, e poi chissà quante altre gustose ricette ci sono. Il bello però è che da oggi non ci si ferma in cucina. Infatti il cardo si può impiegare anche per produrre biolubrificanti, bioplastiche, biochemicals, biointermedi e altri bioadditivi. Come? Il 16 giugno scorso a Porto Torres è stato celebrato l´avvio di Matrìca, bioraffineria integrata di terza generazione che utilizza materie prime da fonti rinnovabili vegetali per produrre una gamma di prodotti chimici attraverso processi innovativi e a basso impatto. A detta di Gunter Pauli (autore di Blue Economy e presidente di Novamont) “La vera star della blue economy in Europa è a Porto Torres!”.
Matrìca nel dialetto gallurese significa “madre”, “matrice” che crea e rinnova la vita. Il progetto, una joint-venture 50:50 costituita da Versalis e Novamont, nasce nel 2011 con l´obiettivo di riconvertire lo stabilimento petrolchimico di Porto Torres in uno dei più innovativi complessi integrati di chimica verde al mondo. I prodotti chimici troveranno applicazione nel settore farmaceutico, fitosanitario e cosmetico (per la cura dei capelli e della pelle, per esempio), sia per la produzione di biolubrificanti con interessanti applicazioni nei settori agricolo, marino ed automobilistico, per offrire soluzioni che permettano migliori prestazioni con minori consumi di energia e di componenti di origine fossile, sia come monomeri per bioplastiche. Insomma, la squadra di Novamont ha convertito il vecchio impianto petrolchimico di ENI non più operante ormai da tempo in una bioraffineria che utilizza colture oleaginose autoctone selezionate (i cardi, appunto), non in competizione con le risorse alimentari e coltivate su terreni marginali.
Una volta completato, entro il 2017, il progetto interesserà un'area di circa 27 ettari, con diversi impianti con una capacità complessiva pari a circa 350 mila tonnellate l'anno di bioprodotti.
E non finisce qui, gli scarti vegetali derivanti dalla trasformazione delle materie prime agricole in bioprodotti saranno utilizzati per contribuire al fabbisogno energetico del processo industriale. “Immaginate: una bioraffineria competitiva che utilizza piante perenni considerate erbacce!”, continua Pauli, “adesso ci si renderà conto che il futuro dell’Europa risiede nella re-industrializzazione dell’economia e nel collegamento della produttività della terra con i prodotti e i servizi di qualità. Abbiamo bisogno semplicemente di utilizzare gli scarti del flusso produttivo (le erbacce) e il capitale di investimento (come i vecchi impianti petrolchimici che non sono più competitivi e inquinano l’ambiente).”
Perché fare industria e creare nuovi posti di lavoro  si può e si deve,  ma nel segno della sostenibilità ambientale e dell’integrazione con il territorio.