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Verso una finanza più sostenibile
di Francesco Petrucci

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L’attuazione del Green Deal europeo lanciato dalla Commissione Ue l’11 dicembre 2019 con gli obiettivi di abbattimento delle emissioni di gas serra del 55% al 2030 e il raggiungimento della neutralità climatica al 2050 richiede enormi risorse economiche.

Il bilancio a lungo termine dell’Ue (2021-2027) insieme allo strumento per la ripresa Next Generation EU, ammonta a 2.018 miliardi di euro a prezzi correnti (1.800 miliardi di euro a prezzi del 2018). 

Il 30% dei fondi devono essere destinati a spese per il clima ma non sarà sufficiente per raggiungere gli obiettivi al 2030: occorre anche attrarre risorse dal settore privato.

Per realizzare gli obiettivi del Green Deal la Commissione europea ha approvato il Just Transition Mechanism, un meccanismo di sostegno che si muove attraverso tre pilastri: il Fondo per una transizione giusta (regolamento 2021/1056/Ue) che aiuta gli Stati membri in difficoltà nella “transizione climatica”; lo Strumento di prestito per il settore pubblico (regolamento 2021/1229/Ue) che aiuta gli enti pubblici con prestiti a condizioni favorevoli per progetti che non finanziariamente sostenibili; e InvestEu (regolamento 2021/523/Ue) rivolto a progetti pubblici e privati finanziati dalle banche.

InvestEu in particolare è il programma per il rilancio degli investimenti privati nell’Unione europea 2021-2027: consiste in una garanzia di bilancio dell’Unione (circa 26 miliardi di euro) a copertura di prodotti finanziari forniti dai partner finanziari. InvestEu aiuta progetti coerenti col Green Deal Ue che però, per il profilo di rischio, avrebbero difficoltà ad accedere a finanziamenti. 

 

Tra gli strumenti normativi per spingere i capitali privati verso investimenti in progetti sostenibili e facilitare il raggiungimento degli obiettivi climatici dell’Unione c’è il regolamento 18 giugno 2020, n. 2020/852/Ue (cd. regolamento sulla “tassonomia”).

Il regolamento fissa sei obiettivi ambientali che le attività economiche devono rispettare per essere considerate “sostenibili”: le attività devono contribuire ad almeno uno di questi obiettivi senza danneggiare gli altri. Il principio di “non arrecare danno” ai criteri ambientali assicura che un’attività economica che causa più danni che benefici all’ambiente non venga considerata sostenibile.

Gli operatori del mercato finanziario che vendono prodotti finanziari e le grandi imprese dovranno dichiarare in che modo e in che misura le loro attività contribuiscono agli obiettivi ambientali.

Al di là dei soggetti obbligati, le regole potranno essere “usate” da tutti gli operatori economici che siano interessati ad attirare investimenti verdi e trarre benefici dalle opportunità della finanza sostenibile.

Il regolamento 2021/2139/Ue che si applica dal 1° gennaio 2022 ha specificato i criteri che consentono di determinare a quali condizioni si possa considerare un’attività economica “sostenibile”, cioè che contribuisce in modo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici e all’adattamento ai cambiamenti climatici e non arreca un danno significativo a qualsiasi altro obiettivo ambientale pertinente.

Di recente questo regolamento è stato modificato dal regolamento 2022/1214/Ue che ha incluso, dal 1° gennaio 2023, alcune attività di produzione di energia elettrica da gas fossile e dal nucleare, a certe condizioni, tra le attività “sostenibili”.

A questo si aggiunge l’approvazione di una direttiva europea (di prossima pubblicazione) che dal 2023 modificherà gli obblighi di informazione non finanziaria per le imprese (sopra i 250 dipendenti), che dovranno informare sui rischi di sostenibilità a cui sono esposte e sull’impatto che esse producono sulle persone e sull’ambiente. Sono introdotti requisiti di rendicontazione più dettagliati su questioni come diritti ambientali, diritti sociali, diritti umani.

 

 

Un altro modo per raccogliere risorse a sostegno del clima sono le obbligazioni. È in discussione al Parlamento europeo una proposta di regolamento sulle obbligazioni verdi Ue (EuGb); tutte le obbligazioni col marchio “EuGb” dovranno avere requisiti di trasparenza (che allontanano il green washing), ed essere “allineate” con le norme sulla tassonomia. Gli investitori potranno confrontare i green bond targati Ue con gli altri green bond esistenti sul mercato. Per evitare che le aziende “marroni” (cioè industrie altamente inquinanti) utilizzino l’etichetta EuGB per fingere di essere più ecologiche di quanto non siano in realtà, la proposta di regolamento richiede che tutti gli EuGb abbiano piani di transizione verso la decarbonizzazione verificati.