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In questo numero:

Tra vacche sacre e orti condivisi di Marco Moro
Moda, cannibali e forchette di Marco Ricchetti
Ecomafia 2017: l’anno (forse, speriamo) della svolta a cura di Diego Tavazzi
Alla scoperta della green society a cura di Diego Tavazzi
Sette passi nel futuro delle città di Paola Fraschini
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Ecomafia 2017: l’anno (forse, speriamo) della svolta
Intervista ad Antonio Pergolizzi
a cura di Diego Tavazzi

In questo articolo parliamo di:

Ecomafia 2017

Le storie e i numeri della criminalità ambientale

a cura di Legambiente

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I reati ambientali accertati delle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto nel 2016 sono passati da 27.745 a 25.889, con una flessione del 7% rispetto al 2015. Crescono, gli arresti, le denunce e i sequestri, a testimoniare una sempre maggiore efficacia dell’azione investigativa e repressiva. Vorremmo cominciare la nostra intervista ad Antonio Pergolizzi, storico curatore del rapporto Ecomafia, da questi numeri che finalmente evidenziano un trend positivo.

Comincerei dalle parole con cui si apre la premessa all’edizione 2017 di Ecomafia: “Diminuiscono gli illeciti ambientali e si riduce anche il fatturato delle attività illegali dell’ecomafia...”. Si tratta, oggettivamente, di una buona notizia. A cosa è riconducibile questo risultato, che arriva, giova ricordarlo, dopo che per anni si sono accumulate praticamente solo notizie negative?
“Dalla lettura dei nuovi dati appare un lieve prosciugamento di quel brodo di illegalità dove sguazzano mafie e sistemi criminali. Merito, con ogni probabilità, sia del nuovo quadro normativo – insieme a un’azione investigativa sempre più efficace – sia della contrazione della spesa pubblica nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso.”

Corruzione e reati contro l’ambiente: leggendo il rapporto si ha l’impressione che le pratiche corruttive siano ormai consustanziali alle attività di molte imprese e pubbliche amministrazioni, in cui non si corrompere più in relazione al singolo atto ma, come riportato nel capitolo sul tema, si “prende il pacchetto completo”, assoldando stabilmente il funzionario. Puoi spiegarci questa trasformazione?
“Se corrompere in un singolo caso è molto costoso e rischioso, avere a disposizione un pubblico funzionario riduce costi e i rischi. E, soprattutto, moltiplica le fonti di approvvigionamento illecito, potendo servirsi di una mano utile per ogni occasione. Senza dimenticare che la corruzione si muove quasi sempre a rete, creando relazioni utili a bypassare le regole e accumulare tanti soldi. L’obiettivo è sempre quello di aggirare la normativa ambientale e, soprattutto, di privatizzare risorse e beni comuni.”

Shopper illegali: un caso, quello degli shopper biodegradabili, in cui creatività capacità di innovazione e tutela dell’ambiente vengono minacciate dalle pratiche illegali. Com’è la situazione? Dove vengono prodotti i sacchetti “taroccati”? Come vengono messi in circolazione, in quali circuiti?
“Il mercato nero degli shopper riguarda sia la fase produttiva sia quella della messa in commercio. Di recente la Guardia di finanza ha sequestrato in tutta Italia più di 2 milioni di shopper taroccati e più di 2,3 tonnellate di materia prima per la produzione dei sacchetti, con contestazione di centinaia di illeciti amministrativi, per un totale di sanzioni pecuniarie pari a 3 milioni di euro. Secondo i dati a nostra disposizione, circa la metà dei sacchetti in circolazione è illegale. Vuol dire 40.000 tonnellate di plastica taroccata, una perdita per la filiera legale degli shopper compostabili pari a 160 milioni di euro, 30 milioni di evasione fiscale. Cifre a cui va aggiunto il conteggio dei danni ambientali: un aggravio dei costi di smaltimento dei rifiuti quantificato in 50 milioni di euro. Come emerge da alcune investigazioni anche la camorra avrebbe messo le mani sulla produzione, inondando il mercato di sacchetti illegali.”

Navi dei veleni: quest’anno sono stati desecretati molti documenti relativi a queste vicende. A che punto siamo?
“Siamo al punto che pochi giorni fa la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione dell’ultimo lembo di inchiesta su cui si stava lavorando per capire davvero chi ha ucciso a Mogadiscio Ilaria Alpi e Miran Hrovatin quel maledetto 20 marzo del 1994. Un atto che significa la resa incondizionata dello Stato dinnanzi a una esecuzione spietata di due giornalisti che stavano provando a capire gli intrecci perversi che legavano le rotte dei traffici illeciti di rifiuti e armi tra Italia e Somalia, toccando anche alcune vicende legate alle cosiddette navi dei veleni. Un segno di resa che mai avremmo voluto commentare. Nella speranza che adesso il Gip respinga le richieste di archiviazione e che qualcosa o qualcuno possa dare un contributo concreto all’affermazione della verità. Purtroppo, nonostante sia stato fatto qualche qualche passo in avanti, soprattutto grazie alla Commissione bicamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti presieduta dall’ottimo Alessandro Bratti, su queste vicende si alzano sempre muri di gomma e ogni tentativo di fare breccia pare fallire inesorabilmente.”