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Le città europee e il riciclo del rifiuto organico a cura della redazione
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Le città europee e il riciclo del rifiuto organico
a cura della redazione

In questo articolo parliamo di:

Biowaste pilastro della transizione ecologica

M. Centemero, a cura di 

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Quest’anno ricorre il decimo anniversario dell’avvio della raccolta dello scarto di cucina (o frazione organica dei rifiuti solidi urbani) presso le famiglie della città di Milano, esperienza diventata in poco tempo un caso di studio a livello internazionale, riportato anche nel Rapporto Global Waste Management Outlook predisposto dalle Nazioni Unite. Area metropolitana europea con le migliori performance in termini di intercettazione – nel 2019 si sono superati i 110 kg pro capite –, avvia a riciclo oltre 150.000 tonnellate/anno, un quantitativo che solitamente satura le capacità di trattamento di uno o due impianti di biogas o compostaggio industriali. Tali risultati hanno dato il via a una serie di “follower” in Europa, grandi città come Parigi, Madrid e Copenaghen, oltre a, come si è visto, New York. Ma come viene raccolto il rifiuto organico, o biowaste per usare la terminologia europea, nelle città di diversi Stati membri e perchè Milano detiene tuttora lo scettro di “prima della classe”? Lo vediamo in questo breve viaggio tra i rifiuti organici – sempre raccolti in maniera differenziata prima dell’avvio a riciclo. 

 

Partiamo da Nord, dalla Città di Copenaghen (DK), che ha fatto sua l’esperienza italiana della distribuzione di uno starter-kit a tutte le famiglie, formato da un secchiello ventilato da utilizzarsi con sacchi in plastica compostabile, per raccogliere quanto più scarto di cucina possibile. Nei primi mesi di avvio del sistema di raccolta il quantitativo di bioaffald è passato da 100 a oltre 1000 tonnellate/mese. 
Da buoni danesi, il trattamento dell’organico è orientato primariamente al recupero energetico, tramite la produzione di biogas o l’uso del digestato direttamente in agricoltura. 

Spostandoci nell’Europa del centro, va menzionata la città di Parigi (FR), che a partire dal 2017 ha avviato, anche con il supporto del CIC, la prima raccolta mirata dello scarto umido presso le famiglie. Nel 2021 la raccolta è stata attivata in tre arrondissements (distretti) mutuando il modello di raccolta e di trasporto direttamente da quelli messi in atto a Milano. Ai “cugini” d’Oltralpe mancano però la spinta e l’impegno per estendere il modello a tutta la città, un obiettivo che si sono imposti di raggiungere entro il 2025. 

In Germania, invece, è la città di Monaco di Baviera a essere stata tra le prime ad aver avviato la raccolta differenziata del Bioabfall negli anni Novanta. Il modello di raccolta presso le famiglie predilige un conferimento misto di scarto verde (o di giardino) e di scarti di cucina, soprattutto frutta e verdura, limitando sensibilmente il conferimento di avanzi alimentari a elevata putrescibilità. Tuttavia, questo limita di fatto il risultato complessivo delle raccolte, che difficilmente superano il 50% di intercettazione. In altre parole, c’è più scarto organico nel rifiuto residuo che nella raccolta differenziata del Bioabfall.

Decisamente interessante è invece l’infrastruttura per commercializzare il compost prodotto negli impianti di compostaggio o di biogas della città, con il confezionamento a marchio proprio e la vendita di terricci prodotti per diversi impieghi. Per l’acquisto di compost “al dettaglio”, molte utenze domestiche si rivolgono quindi direttamente agli impianti cittadini, riutilizzando negli orti e nei giardini il compost prodotto dalla raccolta differenziata locale. 

Muovendoci verso sud, troviamo dapprima la Catalunja, che ha cominciato ad applicare il modello di raccolta italiano a partire dai primi anni del Duemila, in seguito a uno storico incontro tra l’allora Ministro dell’ambiente italiano e il suo omologo catalano. 
La città di Barcellona (ES) ha inizialmente puntato su un modello di raccolta stradale mediante contenitori a elevata volumetria, ottenendo risultati critici in termini di qualità dei conferimenti, con quote di materiale non compostabile del 15-17%. Negli ultimi anni anche qui si stanno facendo strada modelli che puntano al coinvolgimento delle persone, tanto che in quattro quartieri la raccolta ha luogo con modelli domiciliari coinvolgendo quasi 100.000 abitanti. 
Di innovativo, il modello catalano ha sviluppato i reggi-mastelli o totem, applicati in zone dove la mancanza di spazi impedisce di collocare in maniera ordinata i contenitori a bordo strada.

Muovendoci verso l’Europa dell’Est va sicuramente menzionata la città di Ljubljana (SI) che, a partire dal 2013, ha adottato la raccolta sistematica dello scarto umido insieme alla tariffa puntuale per il residuo in tutta la città. Ljubljana è tra le poche capitali europee a raggiungere risultati di raccolta e di differenziazione dello scarto umido comparabili con quelle italiane, con oltre 90 kg pro capite raccolti e avviati a riciclo con la produzione di biogas e compost. 

Sempre nell’Europa dell’Est, dove in questi anni assistiamo alla realizzazione di impianti di compostaggio, si osservano interessanti conferme dell’adattabilità dei modelli italiani in Romania, dove le raccolte domiciliari realizzate nel comune pilota di Satu Mare stanno dando ottimi risultati in termini di una maggiore intercettazione di scarto di cucina e una riduzione della quota di materiali non-compostabili. 

E non mancano a queste latitudini le grandi città impegnate nel perseguire concretamente strategie di riciclo del rifiuto organico, come Bratislava (SL). Nell’autunno del 2021, la capitale della Slovacchia ha avviato la raccolta domiciliare dello scarto umido nel quartiere pilota di Lamač. Da quest’anno la raccolta è giaà stata estesa in almeno altre tre zone della città. Anche in questo caso la dotazione a tutte le famiglie di contenitori e manufatti a perdere ha conseguito una raccolta in purezza con quote di materiali non compostabili estremamente contenute. 

In conclusione, possiamo osservare come siano molte le città e le aree metropolitane europee ad aver avviato in questi anni il percorso verso la raccolta mirata dei rifiuti organici, non solo per ottemperare a un obbligo di raccolta previsto entro il 2023 dai Regolamenti UE, ma soprattutto come tassello fondamentale per traguardare quote elevate di effettivo riciclo dei rifiuti prodotti negli agglomerati urbani. 
A livello mondiale, la EMA Foundation stima che nel 2050 oltre l’80% di tutto il cibo sarà consumato nelle città. Pertanto, sono proprio i centri urbani a dover diventare i protagonisti della raccolta differenziata e del riciclo del cosiddetto food-waste, per contribuire a un’economia circolare che restituisca ai terreni quella sostanza organica di qualità (sotto forma di compost e di digestato) che ne preserva la vitalità, la diversità biologica e la funzione ecosistemica nel lungo periodo. 

 

 

di Marco Ricci (TG Biological Treatment ISWA) e Massimo Centemero (direttore generale del CIC e vicepresidente dell’European Compost Network); capitolo tratto da M. Centemero, Biowaste pilastro della transizione ecologica, Edizioni Ambiente 2022