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In questo numero:

Limiti della crescita, limiti della consapevolezza di Marco Moro
Negoziare il clima che cambia di Diego Tavazzi
One love di Paola Fraschini
A tutto gas? a cura della redazione
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Limiti della crescita, limiti della consapevolezza
di Marco Moro


Lo scorso 10 maggio, a Milano, si è svolto un evento dedicato ai 50 anni dalla pubblicazione di The Limits to Growth. Moltissimo della storia di questo libro è certamente noto ai lettori di questa newsletter è inutile ricordare di cosa si tratta. Durante la discussione e soprattutto negli interventi di membri del Club di Roma come Ugo Bardi e Carlos Alvarez Pereira sono emerse considerazioni e testimonianze che stimolano ulteriori riflessioni. L’impatto che ebbe (e che si riflette tuttora) l’opera degli allora giovani ricercatori del MIT, Jørgen Randers, Dennis Meadows, Donella Meadows e William Behrens III, è stato definito come un colossale fallimento della comunità scientifica. Un colossale fallimento nella volontà e ancora di più nella capacità di comprendere che cos’era quel libro.

 

Limits rappresenta il primo tentativo di utilizzare l’intelligenza artificiale per la comprensione e il controllo dei sistemi complessi e dell’effetto delle nostre azioni su di essi. Un libro che ci diceva che il problema è fatto di tanti problemi e che era possibile rappresentarli in un grafico. Niente di simile era stato fatto prima, tanto che la persona che aveva reso possibile il raggiungimento di questo traguardo – Jay Forrester, padre della dinamica dei sistemi e docente alla Scuola di management del MIT – suggerì agli autori di pubblicare la ricerca come libro e non come paper scientifico, per dare subito la diffusione più ampia ai rivoluzionari contenuti.

Il libro, in sostanza, diceva: questo potrebbe succedere nel futuro e suggeriva di mettersi a pensare come prevenire gli effetti più preoccupanti negli scenari – scenari, non previsioni; quelle le fanno gli indovini, per chi ci crede – messi a punto sfruttando potenze di calcolo lontane anni luce da quella oggi a disposizione. 

Quali furono gli effetti e le reazioni che la pubblicazione di The Limits to Growth suscitò è noto. Frainteso, banalizzato, ridicolizzato, distorto tanto che, come è stato suggerito durante l’incontro del 10 maggio, segnò la nascita dello stigma del catastrofismo che da allora fino a oggi emerge nel dibattito, perfino in quello scientifico, sulle tematiche ambientali. Nello stesso tempo un libro che, con qualche decina di milioni di copie vendute ha cambiato il mondo, ma non abbastanza. 

Il fallimento in definitiva è quello di un mindset che non è in grado di comprendere la complessità: questo vale per la società in generale e tuttora molto anche per la comunità scientifica. E se ancora oggi ci ritroviamo a parlare della necessità e difficoltà di superare un modo di conoscere che tende a semplificare, ridurre, separare, forse il punto è che il nostro modo di apprendere, non è adeguato e che è una intelligenza di altro genere quella che può far prendere velocità al cambiamento necessario per raggiungere i tanti obiettivi di prossima scadenza. Un’intelligenza che non reagisce solo sulla base di prove documentali, di dati e informazioni approfondite e dettagliate. Un’intelligenza collettiva che non aspetta le peer reviews

La scienza è un riferimento, ma intanto si agisce. E infatti nel frattempo un’accelerazione c’è stata e proprio sui modi in cui questa si sta manifestando indagano Elena Granata e Fiore de Lettera in EcoLove, perché i nuovi ambientalisti non sanno ancora di esserlo. Ambiente, ecologia, sostenibilità sono ovunque, parole e concetti che formulati nei modi più diversi investono il nostro quotidiano, a ogni livello. Come scrivono gli autori “Il libro non è un manifesto, non indica una direzione precisa, riflette e osserva come questa dimensione emotiva ed empatica, di innamoramento collettivo, possa costituire il substrato psicologico necessario affinché si sviluppi un più profondo sentimento ecologico, o perché, al contrario, questo sentimento come è venuto così evapori.”

Attorno alle domande poste 50 anni fa da The Limits to Growth non c’è mai stato tanto interesse, mai così tanta comunicazione e informazione ma, soprattutto, mai così tanta azione. Cosa può farla evaporare e quali sono gli indizi che possono far pensare che la svolta ci sia e possa essere quella decisiva? Forse il punto è che quelle domande oggi le stiamo vivendo e che l’intelligenza emotiva sta lavorando laddove l’intelligenza razionale non è arrivata?
Nota a margine: durante l’incontro del 10 maggio si è parlato molto di come un modello (economico, sociale, culturale) che fa della crescita il suo obiettivo inevitabile sia il nodo superare. Poi nell’intervento del sindaco della città italiana che punta a essere una green city a livello delle maggiori realtà europee è apparso il concetto di “una transizione ecologica per la crescita”. E come nel gioco dell’oca, si torna alla casella di partenza. Importante non scoraggiarsi.