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In questo numero:

Digitale e sostenibile: si può fare? di Marco Moro
Raccontare la biodiversità di Diego Tavazzi
Hackerare il food system con la dieta mediterranea di Annamaria Duello
La Sardegna come le Hawaii di Paola Fraschini
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Raccontare la biodiversità
Intervista a Valeria Barbi
di Diego Tavazzi

In questo articolo parliamo di:

Che cosa è la biodiversità
Oggi

Valeria Barbi

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Che cosa è la biodiversità di Valeria Barbi è un libro di storie che hanno come protagonista la diversità delle forme viventi e culturali presenti sulla Terra. A suo modo, anche lo scrivere libri è una forma di biodiversità culturale. Un gioco di specchi affascinante, che dimostra come, a tutti i livelli, siamo biodiversi.

Giustamente si parla molto di crisi climatica, e l’attenzione è altissima sulle tematiche dell’energia e dell’efficienza. Al contrario, la perdita di biodiversità, che pure rischia di essere persino più pericolosa, fatica a conquistare lo spazio che merita. Come spieghi questa situazione, e cosa si può fare per dare alla questione della biodiversità il ruolo che le spetta?
Ignorare il fatto che abbiamo scatenato una crisi biologica senza precedenti, la cui gravità è esacerbata quotidianamente dalle nostre azioni è, forse, uno degli errori più gravi che l’uomo abbia mai compiuto. Il motivo è da ricondurre a una generalizzata inconsapevolezza su che cosa sia la biodiversità e su quanto ogni aspetto della nostra vita fisiologica, sociale ed economica dipenda dalla sua salute. L’uomo, da troppo tempo, è convinto di essere super partes, di essere immune da ogni meccanismo naturale e di poterne sostituire gli elementi con dei gemelli artificiali. Per colmare questo gap cognitivo è necessario lavorare molto sulla comunicazione. È importante andare alla ricerca di storie e raccontarle in modo efficace, così da ricondurre ogni elemento della vita umana – cultura e arte comprese – alla diversità biologica e ai servizi ecosistemici che ci dona ogni giorno. Tale sforzo deve riguardare necessariamente tutta la società: dai cittadini alle imprese, passando per le istituzioni, in primis quelle scolastiche. Inoltre, importanza capitale ce l’hanno i dati che vanno resi trasparenti e comprensibili a chiunque così da mettere nero su bianco la gravità della situazione attuale ma anche i benefici che deriveranno dall’agire il prima possibile per ripristinare la biodiversità e gli ecosistemi.

Quali sono secondo te le strategie migliori per rallentare la perdita di biodiversità? E come vedi le iniziative incentrate sulla rigenerazione degli ecosistemi?
I dati dimostrano chiaramente che tutelare e proteggere le risorse naturali è una strategia win-win, in grado di apportare benefici a tutti gli attori in gioco, pianeta incluso. La buona notizia è che conosciamo anche gli strumenti necessari a rallentare la perdita di biodiversità visto che ne conosciamo i fattori che la causano – ossia inquinamento, cambiamenti climatici di origine antropica, diffusione di specie aliene, sovrasfruttamento e cambiamento nell’uso del suolo. In primis, per esempio, sappiamo che la conservazione e il ripristino funzionano ma devono puntare non alla massimizzazione del numero di specie presenti in un determinato ecosistema bensì al mantenimento della capacità di garantire i servizi ecosistemici. Inoltre è importante ampliare il più possibile la percentuale di aree terrestri e marine protette. Ovviamente, in un momento storico caratterizzato da molteplici crisi concatenate e consequenziali – economica, ecologica e sanitaria – la conservazione della biodiversità ha sempre più bisogno di identificare meccanismi di finanziamento sostenibili, al di fuori del settore pubblico e del volontariato. Infine, è fondamentale che la tutela e la conservazione della biodiversità vengano concepite come una responsabilità globale. Credo che sia fondamentale adottare un approccio sistemico e inclusivo, capace di richiamare all’azione tutti gli stakeholder responsabili della perdita di biodiversità ma altrettanto importanti nel mettere in piedi azioni di ripristino. Azioni che dovranno essere supportate da piani di sviluppo nazionali, regionali e locali. Conservazione e tutela del capitale naturale devono essere perseguiti attraverso mezzi diversi: dalle normative agli strumenti di controllo e gestione, dalla comunicazione agli strumenti di mercato capaci di stimolare comportamenti virtuosi e rispettosi dell’ambiente attraverso incentivi finanziari, quali le tasse su prodotti o processi inquinanti, oppure attraverso la creazione di un mercato dei diritti di inquinamento. 
 
Solo per restare nelle immediate (relativamente, considerato che stiamo comunque parlando di distanze astronomiche), si ritiene che Marte, Europa, Encelado, Titano potrebbero ospitare forme di vita sotto la superficie. E, nel frattempo, non passa giorno senza che non venga scoperto qualche nuovo esopianeta che potrebbe avere le caratteristiche che gli consentirebbero di ospitare una qualche forma di vita. Quali sarebbero le implicazioni se un giorno venisse (finalmente) confermata la presenza di una biodiversità aliena?
Devo essere molto onesta al riguardo. Per quanto sia convinta del fondamentale valore della ricerca scientifica, e ritenga che capire il funzionamento dell’universo e dei pianeti che lo compongono possa darci risposte utili a risolvere alcune delle crisi che stiamo creando, non posso fare a meno di ritenere paradossale il bisogno umano di esplorare altri pianeti quando abbiamo ancora così tanto da scoprire, e ancora di più da proteggere, su questo pianeta che ogni giorno ci garantisce la possibilità di vivere. Senza contare l’enorme mole di finanziamenti che vengono devoluti alla ricerca aerospaziale quando, e la storia dei negoziati sul clima e sulla biodiversità ce lo dimostrano con cadenza annuale, trovare i fondi per programmi di ricerca, sviluppo e conservazione sembra più difficile che andare proprio su Marte.
 
La biologia sintetica, le tecniche di editing genomico e le ricerche sulle cellule artificiali stanno ridefinendo i confini tra naturale e artificiale, e mettono in discussione concetti consolidati. Quali potrebbero essere gli impatti di questi sviluppi tecnologici per la biodiversità? 
Gli stessi che ho illustrato poc’anzi. Ricerca e sviluppo sono fondamentali e ci hanno garantito una qualità della vita innegabilmente migliore e per molti più anni. Gli strumenti che creiamo, le tecniche a cui diamo vita, devono però essere un supporto alla nostra esistenza e a quella della biodiversità, non un rifugio. Pena a quello che sta accadendo con il Metaverso. In moltissimi lo ritengono un passo decisivo verso un futuro illuminante e illuminato. Io trovo aberrante e pericoloso che si stia creando un mondo artificiale in cui persone reali, che camminano su un suolo costruito da milioni di piccoli organismi che vivono e si sono evoluti su questo pianeta, acquistano terreni virtuali in cui vivere e camminare. In questo senso siamo degli inguaribili codardi privi di ogni capacità di assumerci le nostre responsabilità: stiamo assemblando un mondo virtuale in cui scappare perché siamo incapaci di prenderci cura di quello reale. La mia idea è che se ci ostineremo a pensare che il genio ingegneristico umano sarà in grado di rimpiazzare i meccanismi della natura, allora perderemo questa battaglia epocale che abbiamo iniziato e di cui saremo le vittime predestinate.