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Nucleare, è scontro in Parlamento di Ilaria Di Bella
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Nucleare, è scontro in Parlamento
di Ilaria Di Bella

Il governo e la maggioranza mettono in pressing il Parlamento sul programma nucleare. La speranza è quella più volte espressa: arrivare alla designazione dei siti per gli impianti già in primavera, ma ovviamente dopo le elezioni regionali, e quindi all’apertura dei primi cantieri entro il 2012.
Il decreto legislativo che definisce i criteri di localizzazione delle centrali, le procedure per le imprese che le costruiranno, nonché le compensazioni per le popolazioni e il destino del deposito delle scorie è in Parlamento dal 28 dicembre. Al Senato è arrivato con una lettera di accompagnamento del ministro Vito che raccomandava al Presidente Schifani “l’urgenza dell’esame da parte delle commissioni competenti”, anche se il provvedimento è ancora “privo del parere del Consiglio di Stato e della Conferenza Unificata”. La richiesta di una corsia preferenziale è presto spiegata: il Parlamento deve sbrigarsi, il più possibile, e dare il via libera a questo primo fondamentale pilastro dell’architettura legislativa del programma nucleare prima che la campagna elettorale per le regionali entri nel vivo. Il tema è scottante, le Regioni si stanno già defilando a una a una (sia di centrosinistra sia di centrodestra), occorre evitare un dibattito sui quotidiani sulla concreta collocazione delle centrali prima dell’appuntamento con le urne. Dove la questione, lo sa bene il governo, potrebbe rivelarsi un boomerang. Il parere delle Commissioni industria e ambiente dei due rami del Parlamento è previsto entro il 14 febbraio. “Rispetteremo i tempi previsti – ha detto Cesare Cursi, presidente della Commissione Industria del Senato – e quindi esprimeremo il parere sul decreto legislativo entro il 14 febbraio, congiuntamente con la Camera, mentre la Conferenza Stato-Regioni si pronuncerà alla fine del mese”. Cursi ha ribadito la volontà "di rispettare soprattutto gli adempimenti della Legge 99 votata lo scorso anno (quella che ha riaperto la strada del nucleare in Italia, ndr), quindi di dimostrare che quel pacchetto energetico che abbiamo messo in cantiere e che prevede il 25% di nucleare, il 25% di energie tradizionali insieme alle fonti rinnovabili (fotovoltaico ed eolico) va avanti, vorremmo fare in modo che in Italia finalmente si esca dal condizionamento che pesa ancora a livello nazionale e internazionale sulle fonti energetiche”.
In realtà sul decreto si profila uno scontro durissimo, oltre che con le opposizioni, soprattutto con le Regioni e con gli enti locali. Un’occhiata approfondita al testo lo conferma. Il percorso previsto è, almeno sulla carta, a tappe forzate, e soprattutto vede protagonisti il governo e le aziende interessate a costruire le centrali. Entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo, infatti, il Consiglio dei Ministri approverà la “Strategia del governo in materia nucleare”, da sottoporre a Valutazione Ambientale Strategica, con l’indicazione del numero degli impianti da realizzare e della loro potenza, nonché i tempi attesi di realizzazione e di messa in esercizio. Il passo successivo sarà, entro altri 60 giorni, l’emanazione per decreto, da parte dei Ministeri dello Sviluppo, dell’Ambiente, delle Infrastrutture e dei Beni culturali avvalendosi dell’Agenzia nucleare e degli istituti di ricerca, delle caratteristiche ambientali e tecniche delle “aree idonee” a ospitare le centrali, in relazione alla popolazione, alla collocazione geofisica, all’accessibilità, alla situazione idrogeologica e alla vicinanza alle risorse idriche. C’è chi dice però, come il deputato del Pd Ermete Realacci che lo ha già denunciato alla stampa, che l’elenco sia già pronto da un pezzo, sulla base di una mappa di 45 località preparata nel ’79 dal Comitato nazionale per l’energia nucleare. A ogni modo, lo schema con i parametri verrà pubblicato su Internet e su 5 quotidiani per l’avvio di una procedura pubblica in cui le Regioni, i Comuni e gli stakeholder avranno 60 giorni di tempo per comunicare osservazioni e proposte al Ministero dello Sviluppo.
Nel frattempo le aziende in possesso dei requisiti previsti da un apposito decreto potranno proporre al Ministero dello Sviluppo economico, anche su sua richiesta, il proprio “programma di intervento per lo sviluppo di impianti nucleari”, indicando i siti, la o le centrali che vogliono costruire e la potenza elettrica. E proprio questo sembra uno dei punti più critici.
"Con il decreto legislativo sul nucleare – spiegano i senatori democratici Roberto Della Seta e Francesco Ferrante – il governo Berlusconi appalta all'Enel e alle aziende che vorranno costruire centrali le scelte dei siti. È una scelta di incredibile irresponsabilità, che apre la strada a conflitti sociali e istituzionali che paralizzeranno per anni le politiche energetiche in Italia. Il decreto legislativo non solo conferma gli aspetti più inquietanti del programma nucleare dell'Esecutivo, a cominciare dalla possibilità di localizzare gli impianti anche contro la volontà delle Regioni destinate a ospitarli, ma cancella persino quell'atto elementare di responsabilità pubblica che è l'individuazione da parte dello Stato dell'elenco dei siti compatibili con la realizzazione di centrali atomiche. Ne viene fuori – concludono Della Seta e Ferrante – un miscuglio di dirigismo anti-federalista e liberismo davvero indigesto: chissà come riusciranno a farlo ingoiare ai cittadini i candidati di centrodestra alle imminenti elezioni regionali".
La partecipazione alle decisioni delle popolazioni e soprattutto delle amministrazioni interessate, con l’esclusione delle Regioni che verranno più coinvolte, pare infatti limitata. Secondo il decreto, sono tre i momenti in cui i cittadini potranno anche esprimere diniego, ma con scarso potere: quello della Valutazione Ambientale Strategica alla quale viene sottoposta la Strategia nucleare del governo, quella della definizione dei criteri per i siti e, infine, quello successivo all’individuazione delle aree. Il decreto legislativo specifica che i siti certificati dall’Agenzia per la sicurezza nucleare vengono sottoposti prima all’intesa con le Regioni interessate, che deve essere espressa entro 60 giorni, e poi a quella con la Conferenza unificata. Se non si perviene all’intesa con la Regione coinvolta, però, la palla passa a un comitato interistituzionale composto dai ministeri competenti e dalla Regione stessa, che ha altri due mesi di tempo. Se anche questo passaggio fallisce, l’ultima parola spetta a un decreto del Presidente della Repubblica su delibera del Consiglio dei Ministri. Ma i Comuni e le Province? Il compito di ascoltarli sembrerebbe nel concreto affidato alle Regioni, mentre in ogni Regione che ospiterà un impianto verrà costituito un “Comitato di confronto e trasparenza” finalizzato alla comunicazione con i cittadini e composto da Regione, Provincia/e Comune/i, titolare dell’impianto, ambientalisti, sindacati, imprenditori. Alle popolazioni dei territori che ospiteranno le centrali spettano misure compensative a carico delle imprese: 3.000 euro l’anno a Megawatt nella fase di costruzione (5 milioni di euro per una centrale di 1.600 Mw) e 0,4 euro per Mw nella fase di esercizio (altri 5 milioni), che andranno per un 40 per cento agli enti locali e per il 60 per cento all’abbattimento delle bollette e delle tasse dei cittadini.