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Un settore che non conosce crisi di Antonio Pergolizzi

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Un settore che non conosce crisi
di Antonio Pergolizzi

Neppure la Sardegna si salva dai traffici di rifiuti tossici. Un’isola che il mare aveva finora protetto dalle rotte tossiche nazionali, risparmiandola dall’avvelenamento che ne consegue. Poi è arrivata una soffiata anonima e in due anni di indagini i carabinieri del Comando tutela ambiente hanno scoperto il peggio. Cioè un paio di aziende che trafficavano scarti pericolosi, seppellendoli nelle cave, nei terreni agricoli e soprattutto miscelati nei materiali utilizzati per costruire strade e piazzali di alcune opere pubbliche del capoluogo, compresi l’ospedale oncologico Armando Businco e la cittadella sanitaria di via Romagna. La notizia apparsa sui giornali locali è del 20 gennaio, ma è di qualche mese fa la comunicazione dei carabinieri al Pm di chiusura delle indagini. Nessuno ci voleva credere, all’inizio. Al centro dell’attenzione degli investigatori un’azienda di Portovesme, società che recupera i metalli dai fumi di acciaieria. Le cave utilizzate illegalmente per occultare le scorie si trovano nelle campagne di Settimo San Pietro, in località Su Paiolu, adibita al recupero e all’estrazione di materiale per i sottofondi stradali, e in una zona di miglioramento fondiario, a Trunconi, nel territorio di Serramanna, dov’è stato scavato un fosso talmente profondo da consentire l’ingresso dei mezzi pesanti. I militari, subito dopo la segnalazione, hanno cominciato a pedinare e intercettare i personaggi coinvolti, hanno monitorato i siti e i mezzi sospetti, e hanno stimato che dal 2005 al 2007 questi abbiano movimentato illegalmente qualcosa come 14.874 tonnellate di veleni. Materiali smaltiti – secondo l’accusa – con operazioni di recupero non autorizzate, servendosi di formulari d’identificazione rifiuti (Fir) contraffatti. A coprire l’imbroglio venivano utilizzati anche certificati di analisi redatti su misura e completamente falsi. Il classico modus operandi dei trafficanti. Si scopre così che qui gli inquinatori parlano sardo. Il giro criminale riguardava scorie molto velenose con alte concentrazioni di arsenico, piombo, zinco, cadmio, rame, nichel, solfati, fluoruri e così via. Rifiuti per i quali non esiste in Sardegna nessun impianto idoneo. E che con il traffico illecito sono finiti dispersi nell’ambiente con conseguenze per la salute dei cittadini ancora da capire.
Il business stimato dagli inquirenti è duplice e ingente. Duplice perché l’azienda produttrice di rifiuti non sosteneva i costi del corretto smaltimento, cifra valutata intorno ai 3,6 milioni di euro, e in più li rivendeva, simulando operazioni di trattamento, come materiale inerte idoneo a essere utilizzato nei cantieri: un ingiusto profitto che i carabinieri stimano intorno ai 585 mila euro. Una bella sommetta. In totale sono tredici le persone denunciate dai carabinieri del Noe di Cagliari ritenute responsabili di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, falsità ideologica, gestione non autorizzata di rifiuti e realizzazione di discarica abusiva di rifiuti speciali pericolosi. Alla fine la procura di Cagliari ha chiesto il rinvio a giudizio per nove persone. Si attende adesso la decisione del Gip.
Dalla Sardegna al resto d’Italia. Negli stessi giorni, infatti, è un “festival” di cronache nere sul fronte della monnezza. Il giorno dopo, il 21 gennaio, viene alla luce un altro traffico illecito di rifiuti tossici nel milanese, con il coinvolgimento anche di direttori di banche, un amministratore pubblico e di un clan calabrese. E poi discariche abusive scoperte a Lecce (5.000 mq), a Mantova (500 mq), a Zero Branco (Tv), a Lauria, (Pz), a Maddaloni, a Marcianise, e poi l’inceneritore abusivo di rifiuti a Orbetello (Gr), solo per fare alcuni esempi.
Gli ecomafiosi non accennano affatto ad abbassare la testa, ma cingono d’assedio l’intero paese, consci che i tempi volgono al meglio, almeno per loro. A fronte di una legislazione penale ambientale ancora del tutto carente, il disegno di legge sul processo breve, già approvato in Senato, e la riforma delle intercettazioni telefoniche renderanno del tutto inutile l’impegno quotidiano delle forze dell’ordine e della magistratura, e garantiranno l’impunità per chi avvelena l’ambiente e la vita di noi tutti. Al di là delle ciance, tutelare il nostro paese diventerà impresa sempre più ardua.