In questo numero

A noi rimane il marketing... di Marco Moro
Ambiente Italia 2010, un paese tra luci e ombre di Emiliano Angelelli
Il colore della felicità di Diego Tavazzi
La certificazione energetica degli edifici di Gianni Silvestrini
Più cemento per tutti di Antonio Pergolizzi

contatti

iscriviti

Ambiente Italia 2010, un paese tra luci e ombre
di Emiliano Angelelli

Otto indicatori (energia, rifiuti, trasporti, acqua, cave, aree protette, consumo di suolo e dissesto idrogeologico) per delineare lo stato di salute dell’ambiente nel nostro paese, è questo l’obiettivo di Ambiente Italia 2010, l’annuario a cura dell’Istituto Ambiente Italia in libreria dal 24 febbraio, che quest’anno focalizza la propria attenzione sulle Regioni, proprio alla vigilia delle elezioni di marzo. Ne parliamo con Edoardo Zanchini, responsabile energia e infrastrutture di Legambiente.

Le Regioni hanno dimostrato in più di un’occasione di svolgere un ruolo politico importante. Come ad esempio per l’approvazione del Piano Casa attraverso il quale, però, si è verificato una sorta di “scarica barile” da parte del Governo.
Il Piano Casa è stato indubbiamente una sconfitta del Governo perché le Regioni hanno mostrato, almeno da principio, una netta contrarietà a qualunque ipotesi di provvedimento che regalasse metri cubi. Questo naturalmente non significa che è stata data la risposta che ci si aspettava sul versante dell’edilizia residenziale, però attraverso l’intervento di diverse amministrazioni regionali, che in alcuni casi hanno sancito criteri energetici più rigidi o che non esistevano nel provvedimento del Governo, si è andati incontro alla sfida più importante, che è quella di riqualificare il patrimonio edilizio italiano. Perché quello che serve a questo paese è, da una parte fermare il consumo di suolo, frutto di un’edilizia puramente speculativa, e dall’altra riqualificare le case per rispondere alle esigenze dei più bisognosi.

Nel caso del nucleare, invece, le Regioni hanno mostrato la loro netta contrarietà nei confronti delle scelte del Governo.
La scelta di ben undici Regioni di impugnare il provvedimento legislativo del Governo sul nucleare è indubbiamente una buona notizia perché mostra una contrarietà delle amministrazioni locali nei confronti del tentativo d’imporre una soluzione dall’alto, e in particolare di imporre un commissariamento in caso di mancato accordo. È evidente che una decisione così delicata e così impattante sui territori non può essere imposta dal Governo. Ora, infatti, la questione sarà discussa dalla Corte Costituzionale che si pronuncerà in merito alla legittimità del provvedimento.

Una questione, quella del nucleare, che sembra svolgere un ruolo di depistaggio rispetto alle vere priorità del paese.
Assolutamente sì. Il nucleare in questo momento sta distraendo il paese dalle questioni veramente importanti, come lo sviluppo delle rinnovabili e la promozione dell’efficienza energetica. Questioni nelle quali emerge chiaramente il ritardo del Governo. Basti pensare ai provvedimenti per l’incentivazione del fotovoltaico (Conto Energia, ndr), le linee guida per l’autorizzazione unica e il piano per lo sviluppo delle energie rinnovabili al 2020, che il nostro paese dovrebbe consegnare a Bruxelles entro il mese di giugno, ma del quale non si ha ancora notizia.

A proposito di effetto distraente... Su Ambiente Italia 2010 si parla di trasporto pendolare, un altro settore in cui l’Italia non eccelle e dove ha molto da recuperare.
Il dibattito pubblico è centrato esclusivamente sulle grandi infrastrutture mentre non si parla del vero problema, ovvero milioni di pendolari che ogni giorno si spostano verso le città utilizzando in larga parte mezzi privati. Il treno è l’unica risposta possibile per le grandi aree metropolitane e le città, ma purtroppo nel nostro paese la gran parte degli investimenti, circa il 70%, è destinata alle strade. E purtroppo anche in Regioni da sempre favorevoli alle necessità dei pendolari negli ultimi anni si è seguita questa tendenza. Una tendenza che va assolutamente invertita.

Nel rapporto si parla anche di cave. Nel nostro paese ce ne sono circa 6 mila ancora attive e quasi 10 mila abbandonate. Un settore non sufficientemente regolamentato se è vero che in Italia si può praticamente cavare ovunque.
È un settore di cui nessuno si occupa nel quale si fanno guadagni miliardari, e spesso senza che sia effettuato alcun controllo. In metà del paese, infatti, non ci sono piani cave e in buona parte delle regioni italiane non si paga nulla per effettuare un’attività che ha un impatto devastante sull’ambiente. Con questo sistema non si creano innovazione e posti di lavoro. Questo succede invece in quei paesi europei dove cavare costa molto, è circoscritto solo ad aree limitate e presenta obblighi stringenti per il recupero dei materiali inerti scartati dall’edilizia. Solo in questo modo si crea un ciclo virtuoso che ha ricadute positive sull’ambiente e sulla qualità della vita.

Un’altra questione prioritaria per l’Italia è il consumo di suolo legato alla crescente urbanizzazione, che alimenta la crescita di un sistema edilizio inefficiente, di una mobilità basata prevalentemente sull’auto privata e il consumo di una risorsa che potrebbe essere destinata ad altri usi, come ad esempio l’agricoltura.
In Italia nessuno monitora il consumo di suolo. I dati che mostriamo in Ambiente Italia sono incredibili sia in termini di stravolgimento dei territori sia di occupazione di suolo per usi urbani, un problema che sta diventando veramente rilevante. Tutto questo riguarda l’ambiente, ma anche la qualità della vita delle persone. Dietro a questo meccanismo, infatti, c’è una spinta edilizia che negli ultimi anni ha creato milioni di nuovi alloggi, che però sono sostanzialmente vuoti e inutilizzati. Un investimento, quello nel mattone, che può far molto comodo a chi se lo può permettere, perché il settore edilizio è l’unico che è cresciuto con tassi costanti nel corso degli anni, ma che non serve al paese, o almeno alle persone in cerca di una casa. Le quali sono costrette ad andare a vivere lontano dalle città a causa della crescita dei prezzi per l’acquisto e l’affitto. Si crea così il pendolarismo di cui parlavamo prima, basato principalmente sulla mobilità privata poiché non ci sono mezzi che servono queste nuove tratte. Tutto ciò ha quindi un effetto ambientale e soprattutto sociale degradante perché in molti casi si tratta di periferie senza servizi.

Sulla base degli otto indicatori che avete scelto che paese emerge da Ambiente Italia?
Un’Italia fatta di luci e ombre. In ognuno di questi indicatori che abbiamo selezionato ci sono delle realtà che hanno scelto di investire e che stanno dando delle risposte in termini di innovazione e qualità. E non c’è dubbio che dove si è investito, ad esempio nel trasporto pendolare in Campania, si sono ottenuti risultati concreti, riducendo l’uso dell’automobile e migliorando la qualità della vita dei cittadini. Ci sono molte altre realtà che hanno puntato sull’innovazione ambientale e nelle rinnovabili che hanno creato anch’esse i presupposti per scenari positivi, all’interno di un quadro complesso complicato però dalla crisi economica e da scelte governative sbagliate. Quello che emerge di importante dal Rapporto è che in alcune scelte ambientali non c’è solo una risposta specifica a un singolo tema, ma anche una risposta ai problemi complessivi del paese.