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L'altra spesa. Intervista a Michele Bernelli e Giancarlo Marini di Anna Satolli
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Il gioco dell'acqua di Ilaria Di Bella

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L’altra spesa.
Intervista a Michele Bernelli e Giancarlo Marini
di Anna Satolli

Non tutti scelgono di comprare al supermercato. Non tutti rimpinzano il proprio carrello con i prodotti calati dagli scaffali, quelli “scelti per voi” dalla grande distribuzione organizzata. Non tutti si accontentano di frutta e verdura incellofanata, che arriva da lontano ed è pressoché insapore. All’acquisto preparato, preconfezionato e prepensato c’è chi si ribella e affronta invece una spesa più consapevole e critica, che definisce il proprio stile di vita. Questa è la spesa che operano i GAS, i gruppi di acquisto solidale di cui ci raccontano i giornalisti Michele Bernelli e Giancarlo Marini nel tascabile L’altra spesa. Consumare come il mercato non vorrebbe, in libreria dal 21 aprile.

I GAS sono stati ospiti della trasmissione Report. E Milena Gabanelli ha detto che: “Sono come noi, ma comprano in modo diverso”. Ci volete raccontare chi sono i GAS e qual è questo tipo di spesa “come il mercato non vorrebbe”?
I GAS sono oggi la forma più organizzata e più conosciuta di consumo critico, di quel movimento cresciuto nella consapevolezza che “quando compri, voti” e che la spesa è un atto politico. Acquistare frutta, verdura, olio e formaggio da produttori che rispettano l’ambiente e i diritti di chi lavora è promuovere un modello di sviluppo sostenibile che guarda al bene comune e non al profitto.
I gruppi di acquisto solidale sono formati da famiglie che si organizzano per comprare insieme e costruire un’economia di relazione che mette al centro le persone. In Italia quelli che si sono registrati sul sito www.retegas.org sono oltre 600, ma altrettanti sono quelli ancora non censiti.

Spazio a uno slogan GAS: Piccolo, locale e solidale. Come indirizza negli acquisti?
Più che uno slogan è un dogma, qualcosa che non si discute… I fornitori sono soprattutto quei piccoli produttori biologici che sono strangolati dal sistema della grande distribuzione e che con i GAS hanno stretto un vero e proprio patto basato sulla fiducia e su un prezzo trasparente che garantisce dignità al lavoro e risparmio a chi acquista. È importante poi che siano il più possibile vicini per combattere l’inquinamento da trasporto e l’overdose di imballaggi. Per capire quanto è distorto il meccanismo della distribuzione è stato calcolato che quel che finisce in un pasto medio ha fatto qualcosa come duemila chilometri. Tutto questo si traduce nella S di solidale, che identifica anche una pratica interna al gruppo dove ci si dividono i compiti e l’organizzazione e dove ognuno è responsabile verso gli altri.

I GAS comprano esclusivamente prodotti alimentari?
All’80% direi di sì. Ma in questi anni il confronto che avviene durante convegno nazionale annuale e lo scambio di esperienze che si ha in rete ha aperto la strada a nuovi progetti che hanno portato nel paniere – per usare un termine classico – anche abbigliamento, calzature e servizi come la finanza, le assicurazioni, la telefonia e l’energia pulita. Ovvio che in questi ultimi casi si perde un po’ la dimensione del locale e del piccolo, ma si rafforza l’idea della solidarietà, da una parte tra tanti GAS che devono necessariamente mettersi insieme, dall’altra con i fornitori che sono chiamati a rispettare i criteri di rispetto ambientale e del lavoro.

Il fenomeno dei GAS è un unicum italiano. Perché?
Probabilmente perché ha le sue radici nella tradizione italiana a organizzarsi per rispondere ai bisogni. Non a caso i GAS sono forti nel centro-nord dove è stata determinante l’esperienza dell’associazionismo socialista e cattolico, oltre che di quello legato al movimento sindacale. Ma c’è anche una lettura più politica, che guarda alla difficoltà con cui i partiti, specie quelli della sinistra, sanno interpretare le spinte che vengono dalla base. I GAS sono un po’ il frutto di questo scollamento.

Credete che i GAS reggeranno nel tempo, continueranno a essere una rete d’acquisto che funziona?
I gruppi di acquisto stanno crescendo con un trend regolare da cinque anni a questa parte, segno che il modello proposto – quello di una rete partecipata dal basso dove non esiste una struttura gerarchica e decisionale – finora ha funzionato, rispondendo anche a quel bisogno di partecipazione e di democrazia di cui parlavamo prima. Ma fino a quando potrà crescere in questo modo? Riuscirà a darsi delle forme organizzative che riescano a mantenere vivi i principi per cui sono nate? Beh, questa crediamo sia la sfida del futuro per i GAS che possono comunque guardare all’esperienza delle Coop per non ripeterne gli errori.

Per concludere: se volessi partecipare a un GAS, cosa devo fare?
Prima di tutto leggersi L’altra spesa… Poi trovarsi degli amici e farne partire uno, oppure provare a entrare in uno che già funziona, gli indirizzi si trovano su retegas.org.
Ma secondo noi è un po’ meno gratificante.