In questo numero

L'annuario della diffamazione di Marco Moro
Rapporto ecomafia 2010. Intervista a Enrico Fontana di Diego Tavazzi
Energia eolica senza turbine di Emiliano Angelelli
I trent'anni di Legambiente di Antonio Pergolizzi

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Premessa all’editoriale
Edizioni Ambiente ha aderito da subito all'iniziativa di editori, librai e scrittori contro la "legge bavaglio", i cui aspetti più eclatanti riguardano evidentemente la possibilità di investigatori e magistrati di svolgere con efficacia il proprio lavoro e la conseguente possibilità dei cittadini di essere informati. Tanto basterebbe per ribellarsi. Ma il provvedimento del governo è anche un deliberato e pesante attacco a chi lavora per informare l'opinione pubblica, un tentativo palese di mettere in difficoltà un settore dove, nonostante tutto, sopravvive una fastidiosa e irriducibile pluralità di voci. Un settore che non si riesce a mettere sotto controllo, e quindi da "sgambettare" in tutti i modi, rendendogli ancora più difficile la vita (si pensi alla recente abolizione delle tariffe postali agevolate per gli editori).

L'annuario della diffamazione
di Marco Moro

Così andrebbe considerato, se dovessimo adottare i parametri di giudizio recentemente proposti dal Presidente del consiglio Silvio Berlusconi, il rapporto Ecomafia 2010. E i diffamatori, a parte lo scontatissimo manipolo di professionisti della cattiva notizia che fa capo all’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, sarebbero nientemeno che le forze dell’ordine. Carabinieri, Polizia, Guardia Forestale, Guardia di Finanza e via discorrendo. Tutti impegnati a gettare fango sull’immagine del paese, tutti singolarmente propensi a screditare l’immagine dell’Italia presso l’opinione pubblica internazionale.
A questo livello si è ormai tra il demenziale e il criminale, ma almeno questa tra le tante sortite del nostro Premier penso saremo in molti a ricordarla. Quindi, forse (il dubbio è d’obbligo), lo ha detto veramente. Ha detto veramente che chi denuncia lo strapotere dell’economia criminale, così radicata da essere in grado di condizionare la vita di buona parte del paese, fa un cattivo servizio alla nazione. E allora tanto vale mettere in campo, oltre alle forze dell’ordine e agli ambientalisti, anche chi ha fondato le proprie scandalose fortune di autore sulla denuncia degli affari che la criminalità organizzata fa letteralmente sulla pelle degli abitanti dell’allegra penisola. Tanto vale tirare in mezzo quel Roberto Saviano che, utilizzando i criteri di giudizio accennati all’inizio, risulta essere un personaggio che non perde occasione per consolidare la propria immagine a danno del buon nome della nazione.
Naturalmente, nella prefazione a Ecomafia 2010, Saviano non si fa pregare; parlando del rapporto afferma: “Ogni anno quando si arriva all’ultima pagina, leggendo capitolo per capitolo, si ha il quadro esatto della situazione; l’esatta percezione di quanto sia ampia la voragine tra ciò che viene proclamato pubblicamente e la realtà pura fermenta sotto quintali di terreno, intombata in ogni angolo disponibile in quelle che ormai sono terre compromesse da traffici di rifiuti di ogni tipo”.*
Traffico di rifiuti, ciclo del cemento, archeomafia, traffico di specie animali e perfino mafia delle rinnovabili: questo è l’elenco in continua evoluzione dei campi di attività dei clan dell’ecomafia. E mentre c’è chi (il governo, chi altri?) prepara un bel condono edilizio, ennesimo favore a chi di anno in anno cementifica abusivamente l’ex-Belpaese, quei burloni degli autori del rapporto di Legambiente non trovano di meglio che parlare di un fantomatico Everest che anziché in Himalaya si troverebbe in Italia: una montagna di oltre 14.000 metri e tre ettari di base, quella che si verrebbe a formare aggregando i quantitativi di rifiuti gestiti illegalmente dalle organizzazioni ecomafiose.
A scuoterci dal nostro piccolo tragicomico teatrino quotidiano ci ha pensato Lester Brown, nel breve ma intensissimo tour per il lancio di Piano B 4.0, un passaggio che ha lasciato molte tracce, come testimoniano i link riportati in coda alla newsletter. Nel libro di Brown si sottolinea in particolare la situazione delle risorse idriche, che molti indicatori (primo fra tutti il livello delle falde nelle più estese aree irrigate del pianeta) segnalano come giunta alla soglia di una crisi dagli effetti globali ancora più imprevedibili e devastanti di quelli associabili al raggiungimento del picco nella disponibilità di petrolio. Spesso, durante i tre giorni passati in Italia, a Brown sono state invece poste domande su problemi di scala locale, e in particolare su cosa pensasse della scelta del nostro governo a favore di un ritorno al nucleare. La risposta è stata sempre la stessa, sintetica, lapidaria: “Per capire se quella nucleare è un’opzione sensata basterebbe guardare a Wall Street, dove nessuno è più interessato da anni a investire su questa tecnologia”. Parole chiare, per chi le volesse stare a sentire. Peccato che il proverbiale “buon intenditor” sia momentaneamente assente. Mi correggo: strutturalmente assente.

 

*©2010 Roberto Saviano/Agenzia Santachiara