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L'ultima cena. A tavola con i boss. Intervista a Peppe Ruggiero di Emiliano Angelelli
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L'ultima cena. A tavola con i boss
Intervista a Peppe Ruggiero
di Emiliano Angelelli


Dall'autore del film Biùtiful Cauntri, un libro sconvolgente che racconta ciò che finisce sulle nostre tavole grazie alle ecomafie. Stiamo parlando di Peppe Ruggiero, autore per VerdeNero Inchieste di L'ultima cena. A tavola con i boss. Ma non ci sono solo pessimi scenari nel lavoro del giornalista campano, c’è spazio anche per Libera, l'associazione con cui collabora, e per un'Italia altra che non si piega al ricatto delle mafie.

Le mani della camorra arrivano proprio ovunque. Partiamo da un caso eclatante. Il caffé a Napoli.
Non ho fatto altro che raccontare quello che succede sotto gli occhi di tutti. In tante paesi dell’hinterland napoletano e casertano, girando nelle piazze è facile ascoltare e sentire i bar che servono aroma di caffé illegale. E non è un caso che dopo pochi giorni dall’uscita del libro sia scattata un’operazione nel casertano che blocca il caffé dei casalesi imposto in molti bar. Imposto dal gruppo di Setola che dalle intercettazioni risultava di pessima qualità, ma doveva piacere a ogni costo, perché quella miscela era “cosa loro”. Ecco concretamente il potere della camorra.

Una mala credenza vuole che il pizzo sia una vicenda che riguarda solo i commercianti mentre in realtà ci riguarda tutti molto da vicino. Ci puoi spiegare come?
Inconsapevolmente proprio partendo dalla tazzina di caffé a prima mattina, come in tanti altri prodotti, noi acquistiamo mentre loro incassano e ingrassano il portafoglio. E i prodotti li paghiamo anche di più perché sono doppiamente tassati, dallo Stato e dalla camorra. Nel libro cito l’esempio di un imprenditore che nel momento in cui si è ribellato e non ha più pagato alla camorra ha visto i suoi prodotti raggiungere prezzi concorrenziali e qualità garantita, mentre prima mozzarella e caffè arrivavano sui banconi già con un sovrapprezzo del 30%.

Chi sono i caparozzolanti? In che modo agiscono?
Campo di azione o meglio di guerra è la laguna di Venezia, dove da decenni è in atto una vera e propria guerra che si combatte di notte, ogni notte, senza esclusioni di colpi. Sul campo di battaglia, o meglio in acqua, da una parte i pescatori abusivi di vongole, detti “caparozzolanti”, a bordo in genere di potenti “drifting”, con motori da oltre 300 cavalli, capaci anche di oltrepassare i 45 nodi, e dall’altro le forze dell’ordine. Ma soprattutto si tratta di vongole tossiche, ricche di diossina. I caparozzolanti pescano in un tratto di mare avvelenato dalle industrie chimiche di Porto Marghera, dove secondo le carte processuali del pm Felice Casson, sarebbero state sversate circa 500.000 tonnellate di sostanze inquinanti, tra le quali idrocarburi, diossina, mercurio e piombo. Finita la pesca nell’acqua ricca di veleni, i vongolari tornano alla base. Ad attenderli i furgoni refrigeranti pronti a partire. Una parte viene venduta alle pescherie, e da qui il viaggio delle vongole prosegue verso i ristoranti, per concludersi nel nostro stomaco.

Abbiamo a che fare addirittura con il traffico di acqua contaminata. Ci puoi raccontare anche di questa vicenda assurda?
Anche il pesce puzza di camorra. Ma nelle città di mare questo business non poteva passare inosservato. Spigole e orate scongelate con acqua torbida, mitili, cozze e calamari decorati con spicchi di limone sulle bancarelle di mezza città sono immersi in acqua di dubbia provenienza, spesso imposta dalla criminalità e raccolta in tratti di mare altamente inquinanti e così spesso il prodotto – anche dopo il trattamento di purificazione effettuato in uno stabulario – ridiventa infetto. Anche qui acqua di mare inquinata, ma non solo di colibatteri bensì di camorra.

Ne L’ultima cena racconti di boss presi per la gola. La tavola può quindi rivelarsi, in alcuni casi, un’arma a doppio taglio?
La tavola è un momento di convivialità, di discussione, ma effettuando una ricerca storica era facile capire che proprio a tavola si decidono gli affari, si stabiliscono gli omicidi e soprattutto il cibo rappresenta per i boss un vizio pericoloso, un vizio che trasforma la cena nell’ultima cena ed è per questo che il cibo diventa un piatto vincente nella caccia ai latitanti. Nel libro racconto degli esempi di come seguendo una teglia di pasta al forno o l’acquisto di una “pezzogna” le forze dell’ordine sono giunte all’arresto di alcuni famosi latitanti.

Esiste anche un’Italia “altra” rappresentata, ad esempio, da Libera e dalle terre confiscate alla mafia. È abbastanza forte quest’Italia secondo te?
Penso che oggi più della politica, la marea di gente che in Italia ogni giorno in silenzio e senza i riflettori, ognuno nel proprio campo e secondo le proprie professionalità, combatte responsabilmente tutte le forme di illegalità sia la vera spina nel fianco per la criminalità organizzata. Tanti sono i casi e l’esperienze da menzionare, io ho voluto raccontare quella che conoscevo meglio e che ha rappresentato e rappresenta nel nostro paese un modo concreto di combattere le mafie. Dietro i prodotti coltivati sui terreni confiscati alle mafie c’è l’idea di un’altra Italia, un’Italia che guarda con ottimismo al presente, che punta su un lavoro dignitoso, pulito, giusto. E che ci regala la speranza e la fiducia che le cose possono cambiare. Certo la strada è ancora lunga, ma la direzione è stata tracciata.