In questo numero

Quarto mondo di Marco Moro
Propulsione senza gas di Paola Fraschini
Cronaca di una giornata ordinaria di un pendolare. O di un sogno? di Diego Tavazzi
Chi compra vota di Michele Bernelli
Ridere di mafia. Intervista a Giulio Cavalli di Emiliano Angelelli
Spazzatura di Antonio Pergolizzi

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Quarto mondo
di Marco Moro


La classificazione della società globale in “mondi” si basa su criteri eminentemente economici: il Primo mondo è quello che sta meglio, il Secondo sta provando ad arrivarci, il Terzo è molto lontano. Ma se si ampliano i criteri di analisi del benessere delle società su una base non solo economica, emerge l’esistenza di un Quarto mondo che vive perlopiù dentro l’apparente felicità delle società più ricche. È definito da una forma diversa di povertà: non quella di chi dispone di un reddito inferiore a ciò che viene identificato come “soglia di povertà”, ma quella di chi vive in una società che ha visto dissolversi il tessuto di valori che ne informano il sistema di relazioni fino al punto da indebolire le proprie strutture. Quella del Quarto mondo è la povertà di relazioni, che Alain Touraine definisce come “la più dura” tra le forme di povertà.
Concetto astratto? Lontano dalla nostra realtà? Ma su cosa prospera la “cultura” mafiosa (o camorrista, o n’dranghetista) se non anche sull’assenza del tessuto di cui sopra? Su una assoluta fragilità sociale? Non si può spiegare altrimenti la penetrazione di pseudo-valori risibili come quelli che Giulio Cavalli mette alla berlina in Nomi, cognomi e infami. I pizzini sgrammaticati, il culto rozzo di un onore da barzelletta, la gerarchia elementare dei rapporti (di forza). E d’altro canto, alla povertà del nostro sistema di relazioni può essere fatta risalire anche quella noncuranza, quella voglia di non vedere che caratterizza l’altro aspetto su cui si concentra la denuncia che Cavalli porta avanti nel suo spettacolo e nel libro: quella di chi sostiene che la mafia “qui non c’è”, che è un problema che sta comunque altrove.
Gli anticorpi? Da un lato un senso non malinteso dell’onore, della dignità, che l’autore attribuisce, ad esempio, a magistrati e giornalisti. Alcuni magistrati, alcuni giornalisti. Ma anche altro, anche “società”, come raccontano Michele Bernelli e Giancarlo Marini nel loro libro L’altra spesa dedicato all’esperienza dei Gruppi di Acquisto Solidale. Chi lo fa fare a queste persone di aggiungere la “S” di solidale alla già non facile organizzazione di un gruppo d’acquisto? Perché non limitarsi a consumare meglio ma impuntarsi anche a volerlo fare “diversamente”? Questa “S” in più è esattamente ciò che contrasta la crescita del Quarto mondo dentro l’involucro del Primo. È terreno di costruzione di relazioni, basate su valori concreti. È quello che fa la differenza tra un allegro gruppo di gourmet o di attenti risparmiatori e dei veri anticorpi.