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Delta Blues, i Kai Zen tra petrolio, musica e letteratura di Emiliano Angelelli
In fondo al mare di Antonio Pergolizzi
Delta Blues, i Kai Zen tra petrolio, musica e letteratura
di Emiliano Angelelli
Si chiama Delta Blues e
gli stessi autori lo hanno definito “un rifacimento di Cuore di tenebra di
Conrad, rivisitato secondo lo stile e il punto di vista di uomini del 21? secolo”. È uscito
per VerdeNero Romanzi nelle scorse settimane a firma Kai Zen, un collettivo
di narratori nato nel 2003 e formato da Jadel Andreetto, Bruno Fiorini, Guglielmo
Pispisa e Aldo Soliani.
Delta Blues, un titolo dai richiami musicali. Perché?
Per Kai Zen la questione del titolo è una questione spinosa, deve riassumere
ma non rivelare, deve accattivare ma non prostituire, deve racchiudere in sé il
cuore del racconto ma allo stesso tempo rimandare a qualcosa di distante. Ancor
prima di scrivere il libro, mentre stavamo lavorando alla trama, Delta
Blues si è abbattuto con naturalezza sul lavoro, appena abbiamo
scritto la parola delta abbiamo lasciato le sinapsi fare i loro collegamenti.
Il Delta Blues è il blues dei primordi, quello dei primi del ’900,
quello di Robert Johnson che fa il patto con il diavolo al crocicchio, ed è anche
una sorta di colonialismo al contrario. La musica africana che colonializza
i ritmi irlandesi e scozzesi, gli imbastardimenti tra suoni del nordeuropa
e quelli creoli e dà vita al blues, con la sua cadenza languida, triste,
ma anche rabbiosa adatta perfettamente a narrare il fluire del fiume. Abbiamo semplicemente
riportato in Africa questo suono che lì è nato e che in Occidente
ha trovato la chiave di tutto il suo dolore, la sesta nota della pentatonica,
il Krol, la “blue note”. Quella aggiunta clandestinamente. Scegliere
un titolo del genere ha condizionato il racconto, ha modificato l’intreccio
costringendoci quasi a inserire il blues per davvero. E così l’arlecchino
conradiano si è trasformato in un bluesman, completamente matto. La
sua sanità mentale è venuta meno, la sua passione per il blues,
il cortocircuito creato da queste sonorità che vanno a ovest e ritornano
indietro, non lo ha risparmiato. È un’allegoria di un'Africa non
più attuale, un'Africa che ha fatto il patto con il diavolo
e che ha pagato con la sua anima un conto troppo, troppo salato. L’Africa
rappresentata da uomini come Sunday e da alcuni esponenti del Mend è invece
tutt’altra
cosa, è un'Africa su cui l’Occidente ha smesso di esercitare
un’influenza morale.
Il libro è diviso in cinque parti, ognuna di esse porta il titolo di
una canzone di Johnson e ci sono sembrate perfette per riassumere il senso
di ogni parte.
Perché definite Delta Blues una cover?
Noi tutti adoriamo la musica e abbiamo senza dubbio un approccio alla letteratura
simile a quello di una band: ogni strumento suona in funzione dell’amalgama
finale. Di conseguenza amiamo l’esercizio delle cover e apprezziamo l’idea
di reinventare un’opera sulla base delle sensazioni che questa ci ha
dato originariamente. Una cover è un diverso punto di vista, più che
una versione comparabile all’originale. Anche perché in questo
caso avremmo le nostre difficoltà, nei confronti di un romanzo simbolo
del 20? secolo.
E perché proprio Conrad?
Quando ci è stato proposto di lavorare a un romanzo VerdeNero e abbiamo
pensato di rivolgere l’attenzione agli scempi ambientali delle compagnie
petrolifere in Africa, ci è venuto naturale considerare simili interventi
come conseguenze deteriori del neocolonialismo. Da lì il pensiero è andato
al colonialismo e a una delle sue opere simbolo, che è senz’altro Cuore di tenebra. Non è la prima volta che Cuore
di tenebra viene rivisitato,
basti pensare ad Apocalypse Now, ad Aguirre furore
di Dio (che però è perlopiù ispirato
alle memorie di Gaspar de Carvajal), o per rimanere in tema di libri a L’accordatore
di piano di Daniel Mason.
Il petrolio nel Delta del Niger, un tema molto delicato che con VerdeNero
Inchieste abbiamo trattato in Guerra alla terra. Com’è nata,
e soprattutto perché è nata, l’idea di ambientare il vostro
romanzo all’interno di questo complesso scenario geopolitico?
Kai Zen ha sempre avuto una spiccata propensione a dipanare complicati e complessi
intrighi internazionali attraverso narrazioni ramificate e strutturate su diversi
livelli di analisi. Amiamo la dimensione corale (migliore anche per suddividersi
il lavoro, in un certo senso), ci interessano gli equilibri del mondo, lo scacchiere
internazionale, il potere, la politica, l’economia e come tutto questo
si muove e si attorciglia nella graticola spazio-temporale in cui noi tutti
viviamo. Tutto ha una spiegazione, in ambito macroeconomico. Semmai l’assurdo
e l’inspiegabile sono dentro il singolo individuo. Inoltre abbiamo sempre
considerato il “sistema petrolio” come qualcosa di dannoso e ipocrita
- almeno in parte - dunque l’occasione era solo da cogliere. Per puro
caso, poi, alcuni di noi avevano già seguito le vicende del Delta e
avevano approfondito, rimanendone colpiti.
Nel vostro romanzo c’è anche un’altra citazione. Ivo
Andric, protagonista del libro, prende il nome dal più noto scrittore
bosniaco del Novecento. Un omaggio?
Un omaggio e un’abitudine. Spesso i nostri personaggi hanno nomi di scrittori
e filosofi, oppure di perfetti sconosciuti. Sono le categorie che ci interessano
di più.
Il libro alterna le vicende in prima persona di Andric - che è in
Nigeria sulle tracce di Klein, dipendente dell’Ente scomparso nella giungla
- e la corrispondenza email di Klein con la figlia prima e i suoi diari di
prigionia poi. Com’è nata l’idea di questo doppio binario
temporale? Qual’era l’effetto narrativo che intendevate ottenere?
Ci sembrava opportuno dare voce fin da subito anche al nostro “Kurtz/
Klein”, cosa che Conrad in Cuore di tenebra in pratica fa solo alla fine.
La tanto millantata egemonia morale e intellettuale del primo mondo, rappresentato
da Klein, non esiste più e forse non è mai esistita. È soltanto
economica. Inserendo il punto di vista di questo personaggio, attraverso l’espediente
della corrispondenza telematica, ne abbiamo dato atto in modo esplicito fin
da subito. Inoltre il doppio piano narrativo permette di porre a confronto
due distinte ricerche individuali, rappresentate da viaggi che finiscono per
diventare percorsi interiori e nel tempo, nel profondo dell’animo umano.
L’Ente, gigantesca multinazionale del petrolio, ricorda molto una
società di nostra italica conoscenza. Mi sbaglio?
Certo che ti sbagli. Ogni riferimento è puramente casuale, no? Scherzi
a parte, l’Ente non è una sola compagnia, è la summa di
ciò che di cattivo hanno fatto e fanno, un po’ per una, tutte
le compagnie petrolifere in quell’area. E potremmo anche aggiungere che,
in verità, forse il nostro ente nazionale, sia in passato grazie a un
personaggio assolutamente di rilievo (per quanto indubbiamente controverso)
quale Enrico Mattei, sia nei decenni attraverso alcune politiche di riqualificazione,
non è certo tra i peggiori, per quanto ridicola sia una classifica dei “meno
cattivi”. È il “sistema petrolio” il problema, non
il singolo soggetto economico. È stato giusto per il mondo puntare solo
sul petrolio per energia, trasporti, prodotti di consumo? Secondo noi no. E
- qui sì l’Italia arriva per ultima - pare che oggi nessuno l’abbia
ancora capito, che si può anche fare business con qualcosa di più pulito.
Soldi senza ridurre il pianeta a un colabrodo.
Alla fine di Delta Blues avete allegato la bibliografia, una cosa
piuttosto inconsueta per un romanzo. Come mai questa scelta?
Per noi è naturale, lo facciamo sempre. Anche per il nostro precedente
romanzo La strategia dell’ariete, e sarà così pure per
il prossimo. La nostra è un’officina narrativa, e i libri che
consultiamo sono gli attrezzi che adoperiamo ogni giorno. Non vuoi forse menzionare
la chiave inglese che hai utilizzato tra i fautori del successo della tua manodopera?
Kai Zen è il secondo romanzo VerdeNero scritto da un collettivo
(prima c’erano stati i Wu Ming). Il tema della scrittura collettiva mi
incuriosisce molto. Riferito al lavoro che sta dietro a Delta Blues,
come avete concepito l’idea, come ci avete lavorato, come avete diviso il lavoro?
Avete un modo di procedere ben definito oppure ogni romanzo viene organizzato
e sviluppato diversamente?
Ogni romanzo ha bisogno di una configurazione diversa. Ce ne accorgiamo già nella
fase iniziale del brainstorming. Questo racconto in particolare è stato
pensato in quattro, scritto in due ed editato in tre. Delta
Blues però è anche
un altro dei tasselli che stiamo mettendo assieme per completare un grande
affresco narrativo, un processo alchemico che collega ogni lavoro firmato da
Kai Zen. La strategia dell’Ariete era la parte del sangue, Delta
Blues è quella
dell’acqua, il prossimo sarà quella del metallo.