testata logo EDA
In questo numero:

Frammenti di un tutto di Marco Moro
La transizione possibile di Diego Tavazzi
Cibo: consigli per gli acquisti e il consumo di Paola Fraschini
Una sfortunata combinazione astrale a cura della redazione
Iscriviti
Contatti
Frammenti di un tutto
di Marco Moro


Temi ricorrenti nell’opera di Edgar Morin sono la conoscenza, le sue strutture, i modi in cui si forma e viene trasmessa, in particolare nei luoghi della formazione dell’individuo, la scuola, l’università. Scrive Morin: “La parcellizzazione delle conoscenze in discipline e sotto-discipline aggrava l’incultura generalizzata”. Superato il secolo di vita, Il filosofo francese è tuttora il critico più autorevole di quella che altri recentemente hanno definita come “intelligenza novecentesca”, dei sistemi di pensiero che a misura di questa si sono andati consolidando e delle pratiche che ne sono derivate, nei campi più diversi. 

L’inadeguatezza di questo sapere frammentato in specialismi tra di essi non comunicanti, succube delle conoscenze calcolatrici e quantitative, edificato su un’idea di razionalità distante dalla realtà (valga per tutti il caso dell’economia) è l’obiettivo esplicito di alcuni tra i nostri titoli di maggior successo, da L’economia della ciambella di Kate Raworth a Affrontare la complessità di Federico Butera. Ma al di là del singolo titolo, l’idea che la costruzione di un nuovo paradigma – adeguato a un tempo caratterizzato dagli effetti dell’azione dell’uomo sull’ambiente – debba puntare a superare le strutture mentali che hanno prodotto tali effetti, ha guidato costantemente il nostro lavoro, da quasi trent’anni a questa parte. Spesso ci siamo interrogati su quanto quello che facevamo riuscisse a rappresentare in modo convincente, questa intenzione. E quale reazione avrebbe suscitato nei lettori: avrebbero saputo cogliere la proposta o ognuno avrebbe selezionato solo la parte di “catalogo” che più ha a che fare con il proprio specifico interesse, sia esso dettato dal lavoro, dall’indirizzo di studio o dall’attrazione verso un tema o un particolare modo di interpretarlo e comunicarlo? Ci siamo anche scontrati con le rigidità di strutture e consuetudini commerciali che faticano a riconoscere una proposta volutamente interdisciplinare e inclusiva, mentre una omogenea e netta identità di brand sembra essere il maggior patrimonio da spendersi sul mercato.

 

Il punto è che siamo convinti che non ci sia altro modo di rispondere a una domanda di conoscenza crescente, veicolata oltretutto da soggetti che apprendono secondo modalità flessibili, mutevoli e ibride.

Quindi, se in passato può essere stato necessario aggrapparsi a termini come “ambientalismo scientifico” per rivendicare una legittima presenza ai tavoli dove di solito siedono i rappresentanti di vere o presunte hard sciences, oggi questo non è sufficiente, non è nemmeno interessante, non è nemmeno utile. Non risponde alla domanda di cui sopra, su cui indaga una delle nostre prossime uscite.

Quello che possiamo fare è quindi continuare a offrire diverse chiavi di accesso alla comprensione dei fenomeni che caratterizzano il presente. Temi diversi, linguaggi diversi, connessioni. Si tratta infine di non adattarsi a un fenomeno che, ancora Morin, definisce con la necessaria chiarezza: “La crisi dell’educazione dipende dalle altre crisi […] Queste crisi si inscrivono in una nebulosa spirale il cui insieme forma la crisi dell’umanità, abbandonata al corso scatenato delle scienze, delle tecnologie, dell’economia in un mondo dominato da una finanza ubriaca di profitti e da conflitti incancreniti da fanatismi cruenti.” Precisa fotografia di questi giorni.

Parlando di cose apparentemente distanti tra loro, di energia, di alimentazione e industria del cibo, di pipistrelli e virus, le nostre ultime uscite come quelle in arrivo, cercano di ricomporre i legami in una cultura la cui frammentazione è “parte in causa” di quanto viviamo oggi.