Un bel match di Marco Moro
La città del futuro di Diego Tavazzi
La scoperta dell’acqua calda: il solare termico di Paola Fraschini
Efficienza energetica degli edifici: siamo a un punto di svolta? di Edo Ronchi
Sos ecomafia di Antonio Pergolizzi
La città del futuro
di Diego Tavazzi
L’alternativa è secca. Possiamo continuare a costruire le città come
abbiamo fatto fino adesso. Oppure, potremmo provare a dare forma concreta a
un’idea di città differente. Per come sono state pensate e costruite
fino a oggi, le città si trovano all’intersezione di una serie
di linee di crisi: cambiamenti climatici, aumento dei prezzi dei combustibili
di origine fossile, inquinamento, difficoltà negli approvvigionamenti
di acqua e cibo ed enormi problemi nella gestione dei rifiuti che producono.
Uno dei punti su cui il consenso della comunità scientifica è più ampio è che
i cambiamenti del sistema climatico molto probabilmente amplificheranno la
frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi. Come
ha dimostrato l’uragano Katrina, è fin troppo probabile che anche
le città dell’Occidente industrializzato non siano pronte a rispondere
alle crisi climatiche. La vulnerabilità di molti degli agglomerati urbani
dei paesi in via di sviluppo è evidente, e ciò potrebbe aggravare
gli effetti di inondazioni e uragani, oltre ad amplificare i fenomeni di “migrazione
ambientale”. D’altra parte, la quasi totale dipendenza dai combustibili
fossili e dalle reti di distribuzione dell’energia modellate su petrolio
e carbone introduce un ulteriore elemento di fragilità nei sistemi urbani.
Nel 2003 bastò un albero su un traliccio in Svizzera a provocare un
black out che rischiò di paralizzare gran parte dell’Italia. Inquinamento
dell’aria, delle acque e dei terreni circostanti: in questo, le città sembrano
aver raggiunto una sinistra eccellenza, e se è vero che negli anni le
politiche contro lo smog hanno sporadicamente prodotto risultati apprezzabili, è altrettanto
certo che targhe alterne e domeniche senza traffico non bastano a ripulire
l’aria. Alcuni hanno definito gli agglomerati urbani “parassiti
dell’ambiente”: la metafora evidenzia come le città sfruttino
le aree circostanti per rifornirsi di energia, acqua e cibo; a differenza dei
sistemi biologici, però, lo fanno con un’intensità sconosciuta,
e producono rifiuti difficilmente sintetizzabili dagli ecosistemi.
Il libro di Peter Droege, La
città rinnovabile,
propone un percorso inverso. Piuttosto che porsi come elementi parassitari
rispetto all’ambiente in cui sono inserite, le città rinnovabili
dovrebbero compiere al loro interno tutti i “cicli metabolici” con
cui sostentarsi e produrre benessere per i loro abitanti. Droege individua
una griglia di tecnologie che, variamente applicate a seconda dei contesti,
potrebbero garantire alle città l’autosufficienza energetica.
Solare fotovoltaico diffuso e integrato con gli edifici e le infrastrutture,
mini eolico e mini idroelettrico, geotermia e pompe di calore, solare termico
e biomasse: ogni elemento urbano potrebbe trasformarsi in un nodo capace di
produrre energia, da ridistribuire attraverso reti locali e domestiche “intelligenti”.
L’energia prodotta dalle fonti rinnovabili andrebbe ad alimentare gli
edifici, caratterizzati dalla massima efficienza energetica possibile, e il
sistema dei trasporti pubblici. Per quanto riguarda quelli privati, l’autore
australiano auspica l’introduzione di veicoli più leggeri ed efficienti,
alimentati con propulsori ibridi o con biocarburanti ottenuti dagli scarti
delle lavorazioni vegetali. Il flusso dei veicoli privati verrebbe comunque
ridotto al minimo da strumenti fiscali, dalla ridefinizione delle reti per
la logistica e dalla predisposizione di piste ciclabili integrate con il sistema
dei trasporti. La città rinnovabile dovrebbe poi ospitare una quantità di
verde urbano molto superiore all’attuale: giardini pensili, facciate
degli edifici ricoperte di piante, orti e parchi contribuirebbero a ridurre
gli inquinanti e a smorzare il fenomeno delle “isole di calore cittadine”.
Fondamentale è poi il coinvolgimento dei cittadini e delle istituzioni:
secondo Droege ogni iniziativa in direzione della sostenibilità andrebbe
resa pubblica e comunicata alla cittadinanza. Assieme alla predisposizione
di incentivi e tasse mirati e alla previsione di finanziamenti agevolati, tutte
queste misure dovrebbero favorire il passaggio dal “fossilismo” (così Droege
definisce l’era dominata dai combustibili fossili) all’era della
rinnovabilità.