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Economia, ambiente e società di Edo Ronchi
Lunga vita ai rifiuti a cura della redazione
Ecomafia balneare di Antonio Pergolizzi

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Ecomafia balneare
di Antonio Pergolizzi

Se con Ecomafia 2009 Legambiente ha fatto il punto sullo stato della criminalità ambientale nell’ultimo anno, con il dossier “Mare Monstrum 2009” il cerchio si restringere e sul banco degli imputati salgono i cementificatori della costa, chi blinda le spiagge, chi inquina il mare, chi rende invivibili i litorali del nostro paese. L’elenco dei crimini e dei misfatti raccontati nel dossier riempie 73 pagine fitte di dati e informazioni. Il principale responsabile dello scempio sul bagnasciuga è il cemento illegale: la macchina da guerra degli abusivi è ancora in piena attività e, soprattutto nel meridione, è infaticabile nel costruire. Di tutto e di più. Dalla casetta al mare al mega villaggio turistico senza lo straccio di un’autorizzazione, con l’evidente convinzione che prima o poi arriverà, se non con il prossimo condono, da una variate urbanistica ad hoc, da un nulla osta o da altre soluzioni analoghe. Perché, come l’esperienza insegna, ogni abusivo ha sempre il suo santo in paradiso e la convinzione di farla franca, di ritagliarsi il proprio spazio nelle pieghe della legge.

Gli Uffici tecnici di alcuni Comuni sono diventati la base operativa per pianificare a ritmo serrato lottizzazioni d’ogni genere. E poi, una volta tirati su gli immobili abusivi, i sindaci fanno spallucce, si voltano dall’altra parte; è raro vederne uno che si assuma la responsabilità di dare seguito all’ordine di demolizione della magistratura. I casi in cui le ruspe hanno ripristinato la legalità si contano sulle dita di due mani, a fronte di decine di migliaia di costruzioni abusive. Solo in Calabria, un recentissimo monitoraggio della Regione ha censito più di 5.600 edifici abusivi, di cui 4.191 costruiti “nella fascia entro i 50 metri dalla linea di costa”. Tutto cemento che non esisterebbe se qualcuno (le istituzioni) invece di girarsi dall’altra parte avesse fatto con scrupolo il proprio lavoro.

Sta di fatto che anche nel rapporto “Mare Monstrum 2009” il cemento rimane il peggiore nemico delle coste italiane. Solo nel 2009 si sono registrate 3.674 infrazioni connesse al ciclo del “mattone selvaggio”, sono scattati 1.569 sequestri e 4.697 denunce. Una situazione che non accenna a migliorare dal momento che gli abbattimenti rimangono episodi isolati e sporadici, tali da non riuscire ancora a scoraggiare le attività illecite.

Non è solo l’abusivismo a cementificare la costa. C’è anche il cemento “legalizzato”, quello con le carte a posto ma che è frutto di un uso quantomeno spregiudicato degli strumenti urbanistici. Un esempio su tutti è l’ondata di nuovi porti turistici che sorgono ovunque ci sia un pezzo di costa ancora libera, un modo, affatto nuovo, per urbanizzare derogando e aggirando i piani urbanistici. Un business da milioni di euro che ruota intorno alla costruzione di una miriade di posti barca inutili e alle relative strade, bar, negozi, parcheggi e centri commerciali. Progetti per cui le amministrazioni locali fanno a gara nell’intento di accaparrarsi risorse pubbliche, che in questo caso arrivano a pioggia. Un giro d’affari che c’entra poco o nulla con il rilancio del turismo e il bene delle comunità locali se si considera che proprio Ucina, l’organizzazione che riunisce gli imprenditori del settore della nautica da diporto, ha realizzato uno studio che sottolinea la possibilità di realizzare ben 39.000 posti barca senza un metro cubo di cemento, ma riutilizzando i bacini già oggi esistenti. Uno studio che nessuno ha voluto leggere, evidentemente.

Giova solo ricordare che il mare italiano non soffre solo il mal di cemento, ma è afflitto anche da tanti altri guai: scarichi illegali, cattiva depurazione, pesca di frodo, infrazioni al codice della navigazione sembrano non passare mai di moda. Crescono, quindi, le infrazioni accertate: da 14.315 nel 2007 a 14.544 (+1,6%), quasi due reati a chilometro lungo i 7.400 di costa dell’Italia. Aumentano anche le persone denunciate che da 15.756 arrivano a 16.012 (+1,6%) mentre, parallelamente, diminuiscono i sequestri che da 4.101 scendono a quota 4.049. A guidare la classifica dell’illegalità costiera è la Campania, con 2.776 infrazioni accertate dalle Forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto, seguita da Sicilia (2.286), Puglia (1.577) e Calabria (1.435).

L’altro importante campanello d’allarme suonato da "Mare Monstrum 2009" è quello relativo agli illeciti sul fronte scarichi e depurazione che, pur essendo in calo del 5,5%, nel 2008 rimangono ancora molto elevati. Nell’ultimo anno infatti sono state 1.810 le infrazioni accertate, 2.141 le denunce e gli arresti, 748 i sequestri; dati in aumento rispettivamente dell’8,2% e dell’1,5%. In questa classifica regionale al negativo troviamo al primo posto la Sardegna con 362 infrazioni accertate, seguita da Campania, Puglia, Calabria e Sicilia e subito dopo Lazio e Liguria. Da sottolineare l’apporto negativo dei fiumi alle acque di balneazione marine, riscontrato anche dai monitoraggi effettuati lo scorso anno da Goletta Verde di Legambiente: il 53,75% dei punti campionati alla foce dei fiumi è gravemente inquinato, l’8,75% mediamente inquinato, il 15% leggermente inquinato e solo il 22,5% pulito.