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Il desiderio di libertà e il rispetto dei diritti accomunano la storica Americana di Vittorini (la cui prima pubblicazione risale al 1942) ad Americana verde, nuova uscita di Edizioni Ambiente a cura di Anna Re. Allora il fascismo e il nazismo portarono alla prevaricazione di una razza sull’altra; oggi la crisi ambientale è similmente causata dalla prevaricazione dell’uomo sulla natura. Con la differenza che, in questo secondo caso, i ruoli potrebbero invertirsi e l’uomo potrebbe trasformarsi da carnefice a vittima.

In Americana verde vengono riproposti diversi scrittori già presenti nell’opera di Vittorini (tra cui Herman Melville, Henry James, Mark Twain, Jack London, Ernest Hemingway, John Steinbeck, William Faulkner, Willa Cather, Thomas Wolfe). Una rilettura di questi autori permette di comprendere come la letteratura sia in grado di intercettare tematiche universali e centrali per l’uomo che trascendono la fugacità delle epoche storiche. Lo stesso si può dire per alcuni classici come Sara Orne Jewett, D.H. Lawrence e Jack Kerouac che sono qui riconsiderati in chiave ambientalista. Viene poi ricostruita la tradizione della letteratura ambientale in America, che ha inizio con i trascendentalisti Henry David Thoreau e Ralph Waldo Emerson e si solidifica con il lavoro del naturalista John Muir, noto per aver contribuito alla creazione del parco nazionale di Yosemite in California. Con la diffusione e legittimazione dell’ecologia e le prime campagne per la salvaguardia della natura, la letteratura ambientale compie un ulteriore passo avanti. Aldo Leopold, teorizzatore della Land Ethic esposta in A Sand County Almanac (1949) propone una rivoluzione nell’ambito di pertinenza dell’etica che deve includere tutta la comunità biotica. Con Silent Spring del 1962, l’autrice Rachel Carson segnala i danni del DDT sull’ambiente e sull’uomo.

A partire dagli anni Sessanta si assiste a una radicalizzazione dell’ambientalismo che in letteratura si manifesta al meglio nell’opera di Edward Abbey. Spiegando il suo modo di scrivere si è parlato di “retorica della rabbia”: il linguaggio denuncia in modo chiaro e diretto il degrado e lo sfruttamento ingiustificato delle risorse naturali e la sofferenza del pianeta. Questa preoccupazione prende anche forma di attivismo politico, tratto che certamente distingue Abbey e molti altri autori che da lui saranno influenzati. Temi, stile, forme letterarie di questi “classici verdi” confluiscono nella generazione successiva di scrittori ambientalisti, che si potrebbe definire “The Green Generation”, e che include molti autori contemporanei accomunati dalla volontà di denuncia della crisi ambientale in atto. Nell’antologia vengono proposti alcuni tra i più famosi, Annie Dillard (vincitrice del premio Pulitzer nel 1975) e Barry Lopez (definito dal San Francisco Chronicle e da The Guardian il maggiore scrittore ambientalista vivente) e alcuni quasi sconosciuti in Italia, ma che sono sempre più apprezzati e influenti negli Stati Uniti, tra cui Gary Nabhan, Barbara Kingsolver, Terry Tempest Williams, Rick Bass e Sandra Steingraber. Americana Verde vuole sottolineare il ruolo sociale e politico della letteratura, già ipotizzato da Vittorini e ribadito da autori come Italo Calvino, che in Una pietra sopra del 1980, scrive: “La letteratura è necessaria alla politica (e alla civiltà umana più in generale, ndr) prima di tutto quando essa dà voce a ciò che non ha voce, quando dà un nome a ciò che non ha ancora un nome, e specialmente a ciò che il linguaggio politico (e culturale, ndr) esclude o cerca di escludere”. La letteratura può dare così voce alla natura che nella nostra società occidentale è silenziosa.