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Comunicare, questo è il problema... di Marco Moro
Carbone o farfalle? di Diego Tavazzi
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Esplosione di vapore di Paola Fraschini
Bonifiche con il trucco in Lombardia di Antonio Pergolizzi

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Carbone o farfalle?
di Diego Tavazzi

Proprio nei giorni in cui a Cancun si stava svolgendo la 16a Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro dell’ONU sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), James Hansen, uno dei più importanti climatologi del mondo, era in Italia per presentare Tempeste. Il clima che lasciamo in eredità ai nostri nipoti, l’urgenza di agire il suo primo libro. Cinque giorni tra Milano, Torino e Roma (con una puntata in Svizzera), densissimi di dibattiti, presentazioni e interviste.

Come mai Hansen non ha partecipato all’appuntamento messicano (che, a detta di molti, ha smentito le previsioni pessimistiche della vigilia, sancendo un nuovo inizio nel dibattito sulle misure per fronteggiare i cambiamenti climatici)? Parte della risposta sta forse nel fatto che Hansen è arrivato in Italia dopo aver fatto tappa in Inghilterra, dove ha preso parte a un processo testimoniando a favore di alcuni attivisti arrestati durante una manifestazione contro la costruzione di una centrale a carbone. Da almeno due decenni il climatologo americano cerca infatti di dialogare con la politica, ma negli anni l’atteggiamento nei suoi confronti è diventato sempre più ostile, fino ad arrivare ai tentativi di censura durante gli anni dell’amministrazione di George W. Bush. Da qui la scelta di impegnarsi attivamente e in prima persona (Hansen è stato incarcerato negli Stati Uniti per aver partecipato a delle proteste contro la rimozione delle cime delle montagne degli Appalachi per estrarre il carbone) per sopperire all’inazione della politica. I decisori politici, nel migliore dei casi, sono in ritardo rispetto all’urgenza della situazione, di cui non percepiscono la gravità. Nel peggiore, sono il braccio operativo delle multinazionali del petrolio e del carbone, e legiferano in funzione degli interessi di queste ultime. E questi ritardi, che siano frutto di incompetenza o di ignoranza o siano invece deliberati, minacciano le generazioni future, quei nipoti a cui Hansen ha dedicato il suo libro. Basandosi su tre ordini di osservazioni, i dati paleoclimatici, i dati sugli impatti in corso e le proiezioni dei modelli, Hansen ritiene infatti che il pianeta sia in una situazione pericolosa. Il consumo di combustibili fossili, la deforestazione e le altre attività umane hanno modificato la composizione chimica dell’atmosfera e hanno danneggiato la biodiversità. Il risultato più evidente è l’aumento delle temperature su scala globale che, secondo Hansen, porterà a un’intensificazione dei fenomeni meteorologici estremi e alla fusione dei ghiacci terrestri e marini (con il conseguente aumento del livello dei mari). Se poi dovessero fondersi gli idrati di metano contenuti nei sedimenti marini si potrebbe persino arrivare alla cosiddetta “Sindrome di Venere”, vale a dire a un effetto serra fuori controllo che farà salire la temperatura del pianeta fino a livelli simili a quelli di Venere (va detto che questo scenario è contestato da diversi climatologi).

Nel corso del suo tour italiano, Hansen ha ribadito che le prime mosse da attuare per rallentare il riscaldamento globale sono la dismissione delle centrali a carbone e l’interruzione dei progetti per lo sfruttamento delle risorse “non convenzionali” come gli scisti e le sabbie bituminose. Secondo lo scienziato americano le rinnovabili e l’efficienza energetica non sono in grado di garantire da sole una base solida al sistema energetico, e devono essere quindi affiancate dal nucleare di terza e quarta generazione. Com’era prevedibile, questo passaggio ha scatenato le critiche maggiori a Hansen. Hansen però è americano, l’incidente alla centrale di Three Mile Island risale al 1979 e il tema in America è trattato con meno emotività che in Europa e in Italia (l’incidente a Chernobyl si è invece verificato nel 1986).
Oltre alla questione della carbon tax da applicare su tutte le transazioni che possono essere correlate a un’emissione di CO2, nel corso delle conferenze italiane il climatologo statunitense ha affrontato anche la questione delle minacce alla biodiversità. Uno dei capitoli di Tempeste si apre infatti con un racconto sulle farfalle monarca. Questi straordinari insetti compiono ogni anno una migrazione lunghissima, dal Messico fino all’Alaska, e Hansen li usa come simboli delle minacce che le attività umane stanno portando alla biodiversità. Distruzione degli habitat, spostamento degli areali dovuti ai cambiamenti climatici, specie invasive, sovrasfuttamento: tutti questi elementi concorrono a minacciare gli equilibri della biosfera, equilibri dai quali dipendiamo e che, in maniere sottili ma fondamentali, contribuiscono a creare il clima per come noi lo conosciamo.