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Architettura sostenibile: non solo energia
di Beatrice Spirandelli*
In ambito europeo l’architettura sostenibile viene correntemente assimilata
al mondo delle costruzioni a risparmio energetico o al massimo a quello delle “basse
emissioni”. E l’Italia rispecchia in pieno questa situazione: l’apparato
legislativo che ha recepito la 2002/91/CE e gli sgravi fiscali che lo hanno
accompagnato riguardano esclusivamente i consumi energetici. In questo scenario
non è scontato l’assunto dell’architettura sostenibile per
cui la scelta di materiali e prodotti edilizi deve essere fatta anche in funzione
dell’effetto che essi provocano sulla salute degli utenti e dell’ambiente
nel corso del loro intero ciclo di vita. Questo argomento è largamente
disatteso anche in ambito europeo, tranne nei paesi in cui la qualità ambientale
dei materiali è un concetto assodato grazie a un diverso atteggiamento
culturale, come nell’area scandinava. Per fortuna cominciano a operare
in Europa e in Italia alcuni sistemi di certificazione ambientale che tengono
conto anche di questi e altri aspetti. Essi vengono introdotti più per
iniziativa del mercato che per iniziativa politica. A livello istituzionale
non c’è infatti
alcun legame tra sostenibilità edilizia e qualità ambientale
in senso esteso, anche se a guardare i temi che animano il dibattito nel settore
oggi sembrerebbe il contrario. Per imporre una visione più completa
del concetto di sostenibilità ci sarebbe bisogno di un approccio strategico
e integrato sulle questioni ambientali e sanitarie legate al mercato edilizio.
In altre parole il mercato dei prodotti e dei servizi in edilizia dovrebbe
essere regolamentato anche da questo punto di vista e ciò non richiede
a priori una nuova legislazione; basterebbe ad esempio adattare e aggiornare
le norme esistenti in materia, come la direttiva sui prodotti da costruzione
(1989/106/CE).
In Italia aumenta ogni giorno il numero di iniziative sull’edilizia sostenibile
promosse sia a livello nazionale sia a livello locale, assieme a quello degli
articoli e dei libri dedicati all’argomento. Di fronte a questa situazione
qualcuno potrebbe obiettare che il numero di esempi presentati nell’appendice
italiana di Strategie
per l’architettura sostenibile sia esiguo...
in realtà questo non è il risultato di pigrizia ma
di una scelta editoriale, e rappresenta un'effettiva carenza sul nostro territorio
di edifici realmente rappresentativi delle tematiche
presentate nel libro. Quindi, per il nostro paese, si può parlare ancora
di tanto
fumo e poco arrosto!
La stessa circostanza si riscontra nel mercato dei prodotti edilizi (e non),
che ha intuito come il nuovo oro sia verde e, quindi, che un prodotto
caratterizzato da un qualsiasi valore in senso ambientale ha più probabilità di
altri di essere venduto, inondando progettisti e consumatori con una serie
di prodotti caratterizzati da “dichiarate” caratteristiche ecosostenibili.
Un esempio, anche se non riferito al settore, può aiutare a chiarire
il concetto: se il detersivo "Biopresto" non fosse nato in tempi
non sospetti, la maggior parte dei consumatori sarebbe portato a pensare che
si tratta di un prodotto ecologico. Ma allora come possono i progettisti e
i consumatori orientarsi in questo dedalo di informazioni e i produttori di
sistemi e materiali realmente sostenibili tutelarsi di fronte a questa situazione?
La strada è ricorrere
a prodotti certificati da enti indipendenti e conosciuti che garantiscano circa
le caratteristiche ambientali dei materiali a seguito di rigorosi controlli
che interessano l’intero ciclo di vita del prodotto. In Europa nel settore
delle costruzioni esistono differenti marchi, tra cui il più conosciuto è senza
dubbio "Natureplus",
mentre in Italia l’unica
iniziativa è realizzata da ANAB, Associazione
Nazionale Architettura Bioecologica,
con la collaborazione di ICEA, Istituto per
la Certificazione Etica e Ambientale.
In Strategie per l’architettura sostenibile Paola Sassi affronta
in modo esauriente i principi ecologici e sociali che dovrebbero essere posti
a fondamento dell’architettura sostenibile, che non
può però prescindere anche da considerazioni economiche se si
vuole che essa venga diffusa nella sua accezione più completa, e non
in quella limitata di edilizia a risparmio energetico. La questione dei costi
va chiarita con una serie di analisi economiche approfondite, riferite all’intera
vita dell’edificio e non soltanto ai suoi primi dieci anni di gestione
come si fa in genere. È indispensabile esplicitare che l’investimento
in una maggiore qualità edilizia, garantito dal rispetto dei principi
dell’architettura sostenibile, si traduce non solo nella riduzione delle
spese di gestione, ma anche in un aumento della qualità della vita e
in una maggiore durata degli edifici. Bisogna inoltre sfatare l’assunto
per cui le imprese di costruzione non hanno interesse a investire nella qualità edilizia
in quanto non godranno direttamente dei benefici futuri perchè se le
stesse decidono di farlo e sono in grado di dimostrarlo
possono rendersi realmente competitive in un periodo caratterizzato da una
crisi crescente nel mercato immobiliare.
* Architetto, consulente indipendente sui temi dell’architettura sostenibile e del risparmio energetico, vicepresidente del laboratorio DAGAD e membro delegato di ANAB, curatrice del volume Strategie per l’architettura sostenibile e autrice dell’appendice all’edizione italiana.