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In questo numero:

A colpi di testata di Marco Moro
La pastorizia tra protezione di tradizioni e biodiversità di Arianna Campanile
I materiali del futuro di Paola Fraschini
La transizione, se non è equa non può essere ecologica di Diego Tavazzi
Da rifiuto organico a risorsa per la decarbonizzazione di Arianna Campanile
La miglior amica (circolare) degli ecosistemi di Diego Tavazzi
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La transizione, se non è equa non può essere ecologica
di Diego Tavazzi

In questo articolo parliamo di:

Affrontare la complessità
Per governare la transizione ecologica

Federico M. Butera

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Le scienze della complessità offrono la miglior descrizione oggi disponibile delle grandi questioni socio-ambientali. Nel suo ultimo libro Federico Butera attinge a questo patrimonio di conoscenze per elaborare un percorso per attuare quella transizione ecologica sempre meno rinviabile.

Monumentale: non c’è probabilmente aggettivo più appropriato per definire il Global Assessment of Soil Pollution, 846 pagine fittissime di dati, tabelle, grafici, con un apparato di migliaia di note, risultato dello sforzo congiunto della Fao e dell’Unep. Un patrimonio di conoscenze che sintetizza quasi quattro anni di lavoro, in cui sono stati coinvolti decine di organizzazioni internazionali e centinaia di ricercatori. Le conclusioni dello studio non lasciano spazio a dubbi: il degrado ambientale globale, causato dalle crescenti pressioni del sistema agroalimentare e di quello industriale, in risposta all’aumento della popolazione globale, è una delle sfide più importanti che l’umanità ha davanti.

Sin dall’antichità, le attività umane hanno rilasciato nell’ambiente migliaia di sostanze tossiche, sia di origine naturale sia sintetiche. Il suolo è uno dei principali recettori di queste sostanze che, oltre ad avere tempi di residenza che possono arrivare a migliaia di anni, non conoscono ovviamente confini e sono arrivati fino alle regioni più remote. Le fonti delle sostanze inquinanti sono le attività industriali, quelle per l’estrazione mineraria, il trattamento dei rifiuti, l’agricoltura, estrazione dei combustibili fossili e le emissioni da trasporto: una parte importante finisce nei suoli, e va poi a inquinare i corpi idrici, l’atmosfera, la biosfera e, inevitabilmente, il cibo, con effetti importanti sulla salute umana.

Proprio a enfatizzare il ruolo di “connettore” del suolo, il rapporto della Fao si apre con una grafica che mostra le interconnessioni che esistono tra l’inquinamento dei suoli e i 17 Sdg individuati dalle Nazioni Unite. In pratica, restano esclusi da questa rete di influenze e retroazioni solo gli Sdg 4 (“Istruzione di qualità inclusiva ed equa”), e 9 (“industria, innovazione e infrastrutture”). Tutti gli altri Obiettivi di sviluppo sostenibile sono influenzati dalla qualità dei suoli, in particolare quelli relativi all’eliminazione della povertà (Sdg 1), alla fame zero (Sdg 2) e alla buona salute e al benessere (Sdg 3). L’inquinamento dei suoli colpisce più duramente i più vulnerabili, specie bambini e donne (Sdg 5), mentre l’accesso all’acqua potabile è minacciato dal deflusso degli inquinanti nelle acque sotterranee (Sdg 6). La CO2 e l’N2O emessi dai suoli gestiti in modo non sostenibile accelerano il cambiamento climatico (Sdg 13). L’inquinamento del suolo contribuisce poi alla perdita di biodiversità terrestre (Sdg 15) e acquatica (Sdg 14) e alla diminuzione della sicurezza e della resilienza delle città (Sdg 11).

Anche da questa breve ricostruzione, emerge con chiarezza come le grandi questioni ambientali, che fino a oggi sono state perlopiù esaminate e affrontate con un approccio a compartimenti “stagni”, inizino a essere considerate interconnesse tra loro e con i contesti socio-economici in cui si manifestano. Proprio questa è la caratteristica che contraddistingue Affrontare la complessità, l’ultimo libro di Federico Butera. Per avere un quadro preciso degli obiettivi e della portata del volume, è opportuno leggere titolo e sottotitolo (“Per governare la transizione ecologica”) uno di fila all’altro, e avere ben chiare le parole utilizzate. “Complessità”, prima di tutto, che Butera affronta con una mole impressionante di studi e ricerche.

E se già la quantità di riferimenti bibliografici è da strappare un plauso, la vera forza del libro è il modo in cui l’autore chiarisce i rapporti tra le varie componenti del Sistema Terra, mettendo in evidenza i possibili meccanismi di retroazione (purtroppo spesso positivi, quindi destinati ad amplificarsi) e tipping points. Fatta chiarezza sulla complessità delle questioni ambientali, il libro passa poi a delineare una proposta realistica con cui gestire quella “transizione ecologica” che, pur sulla bocca di tutti, troppo spesso sembra assomiglia a una foglia di fico con cui coprire il tentativo di fare affari as usual. Spazio quindi all’economia circolare, all’efficienza energetica e ai percorsi di elettrificazione, tenendo sempre a mente che la transizione dev’essere anche equa.

Come scrive Butera, “anche l’equità, che sembrerebbe essere un valore esclusivamente umano, in realtà rispecchia fedelmente un valore ecologico, la diversità, anzi ne è il corrispondente. […] Né, d’altra parte, è sano e stabile un sistema sociale in cui una élite di super ricchi sfrutta tutti gli altri, poveri. L’ottimo sta da qualche parte in mezzo, e il dove dipende dal tipo di sistema sociale e dal suo ambiente. È proprio in questi ambiti non materiali che si gioca la possibilità di costruire un nuovo modello economico e di mettere in atto la transizione ecologica”. Da cui risulta che, per arrivare a una vera transizione ecologica, questa dev’essere pensata assieme all’equità per tutte le persone.