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In questo numero:

A colpi di testata di Marco Moro
La pastorizia tra protezione di tradizioni e biodiversità di Arianna Campanile
I materiali del futuro di Paola Fraschini
La transizione, se non è equa non può essere ecologica di Diego Tavazzi
Da rifiuto organico a risorsa per la decarbonizzazione di Arianna Campanile
La miglior amica (circolare) degli ecosistemi di Diego Tavazzi
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A colpi di testata
di Marco Moro


Negli anni del liceo ho avuto modo di vivere un’esperienza non proprio usuale, pur nel clima di quegli anni. Siamo alla fine degli anni ’70, e il liceo che frequento è uno “sperimentale”, che un bel giorno viene sgomberato. Il motivo? Scuola occupata. Su cosa ci eravamo impuntati? Sulla richiesta di attivare dei gruppi di studio interdisciplinari. Interdisciplinarità, una richiesta eversiva, evidentemente. Fatto sta che la sperimentazione nel giro di pochissimi anni venne chiusa, come tutte quelle avviate dal Ministero in quegli anni. Tra i libri che i nostri docenti ci proponevano c’era anche I limiti dello sviluppo, nientemeno. Mi avrà segnato quella storia? Non lo so, al momento no, avevo altro per la testa, lo ammetto, ma forse qualche virus mi era stato iniettato, al “IV Liceo Scientifico” di Padova. 
 
Tant’è che questa storia e l’idea del sapere interdisciplinare per cui tanto ci battevamo mi torna in mente leggendo un deprimente dibattito su una testata di cui non faccio nome, ma è una che si ritiene orgogliosamente di sinistra, sinistra vera, mica pizza e fichi. Il tema è l’agricoltura biologica, e già vedere persone che in uno scenario come quello che viviamo perdono tempo ed energie ad attaccare l’insidiosissima agricoltura biologica basta a chiedersi se si sta sognando o se tutto sta avvenendo veramente. Ma al di là del tema è il modo in cui il dibattito si svolge a provocarmi una sensazione di vuoto pneumatico, un dialogo a colpi di “la scienza dice”, “quella non è vera scienza”, “il metodo scientifico”, “non è scientificamente dimostrato” “io non sono un agronomo ma ho studiato chimica e poi mi sono informato, tu invece hai una formazione umanistica” (quindi dovresti stare zitto). 
Insomma, al di là di un attacco che induce a pensare male delle ragioni - e non solo degli argomenti - di chi lo conduce, il punto è anche nel vedere perpetuata l’idea che esistano conoscenze di serie A, di serie B, di serie C e così via. Stregoneria è addirittura il termine usato per qualificare la pericolosissima agricoltura biodinamica, una cosa di cui chi l’ha usato dovrebbe vergognarsi solo per averlo evocato. In tutto ciò si propone un’immagine della scienza come unica produttrice di verità che fa più danno che altro in un paese che già soffre di un gap di corretta formazione e informazione scientifica e viene investito da un’infodemia di verità scientifiche proposte da soggetti apparentemente più interessati alla propria visibilità e ai corposi cachet televisivi che ad altro.
In quel dibattito emerge un livore che è sintomo anche di un vero provincialismo culturale, ignorante di quanto si discute e si sostiene in ambito internazionale. E soprattutto del fatto oggi più che mai che ogni attività umana va valutata da tanti punti di vista, incrociando i saperi, facendo dialogare le conoscenze. L’attività agricola e zootecnica è il settore che ha i maggiori impatti sul complesso dei planetary boundaries, e richiede di essere analizzata e valutata secondo una molteplicità di parametri che corrispondano alla molteplicità dei suoi effetti. 

Che serva un po’ di interdisciplinarità? La pensano così Angelo Gentili e Giorgio Zampetti, curatori di Agroecologia circolare, il nuovissimo saggio realizzato da Legambiente. Per chi è interessato a sapere come la pensano sulle prospettive di un sistema agroalimentare sostenibile un bel po’ di agronomi, esperti di gestione forestale, di scienze dell’alimentazione, di economia rurale, di politiche agro-climatico-ambientali,  politiche locali del cibo, energia, gestione dei suoli, gestione delle risorse idriche, chimica verde, benessere animale, innovazione tecnologica e intelligenza artificiale, patologie vegetali e molto altro, Agroecologia circolare è il libro. Altrimenti, c’è quella testata lì di cui non faccio il nome.