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Via libera alla privatizzazione dell'acqua di Ilaria Di Bella

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Via libera alla privatizzazione dell’acqua
di Ilaria Di Bella


Qualcuno ha parlato di “liberalizzazione dei servizi pubblici locali, tra cui l’acqua”, qualcun altro di “privatizzazione dell’oro blu”. Fatto sta che l’ultima fatica in tema di ambiente da parte delle Camere è stata la conversione in legge, il 19 novembre con la fiducia numero 26 del Governo Berlusconi, di un decreto destinato a cambiare in profondità le nostre abitudini nell’uso delle risorse idriche e forse anche l’immaginario collettivo in tema di acqua.

Dietro il titolo sibillino del decreto 135/2009, recante “Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee”, si cela, infatti, all’articolo 15, la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, tra cui, appunto quello relativo all’acqua del rubinetto. “L’acqua del sindaco”, in alcune città una vera e propria eccellenza del settore pubblico sotto il controllo diretto dell’amministrazione comunale, non avrà più vita facile. Viene infatti introdotto, in sostanza, l’obbligo di affidare i servizi solo con lo strumento della gara e non più, salvo in casi eccezionali, con la cessione diretta o con la formula dell’in house (controllo pubblico del servizio e affidamento diretto, senza gara, ad altro ente di diritto pubblico). Tutti gli appalti affidati senza gara cesseranno il 31 dicembre 2010, a meno che il Comune non ceda ai privati almeno il 40% del proprio capitale. Se le aziende sono quotate in Borsa, il contratto non decadrà solo a patto che la quota pubblica di proprietà scenda al di sotto del 40% entro il 30 giugno 2013 e sotto il 30% entro il 31 dicembre 2015. Alle gare potranno partecipare società miste, in cui la quota privata sia almeno del 40%. Solo un emendamento presentato dal senatore del Pd Filippo Bubbico ha scongiurato il peggio: è stata specificata l’esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta “esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare per quanto riguarda la qualità e il prezzo del servizio” in base al diritto “alla universalità e accessibilità” di questo bene comune.

In attesa del regolamento attuativo (che dovrebbe essere emanato entro dicembre) e dell’organismo che gestirà le gare (tre le ipotesi: creare una sezione aggiuntiva dell'Authority del gas, dare più competenze al comitato di controllo già esistente presso il Ministero dell’Ambiente e terza, più accreditata, creare una nuova Authority per l’acqua), si è accesa la polemica tra i poli, anche con toni feroci.

Secondo il ministro degli Affari regionali Raffaele Fitto “questa riforma allinea il paese a livello europeo. Le partnership pubblico-privato e gli affidamenti con gara oltre che incidere positivamente sulle tariffe, consentiranno a molte aziende, anche italiane, di liberare investimenti importanti. E il meccanismo della gara consente quel confronto sul fronte della competitività”. “Si è parlato strumentalmente di privatizzazione dell’acqua – ha detto il ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi – È una polemica che rispediamo al mittente. L’acqua è, resta e sarà pubblica: non è privatizzabile e l’art. 15 rafforza questo principio”. “Devo purtroppo correggere il ministro Ronchi – ha risposto Filippo Bubbico – se è infatti vero che la proprietà dell’acqua resterà pubblica grazie a un emendamento del Pd che ha almeno limitato i danni, è anche vero che la gestione delle risorse idriche verrà forzosamente e totalmente affidata ai privati in disprezzo delle situazioni di ciascun territorio e delle competenze degli Enti locali”.

Poco si è parlato, tra l’altro, degli illustri esclusi dalla liberalizzazione: la distribuzione del gas, dell'energia elettrica, il trasporto ferroviario regionale, le farmacie comunali oltre che il trasporto pubblico locale per le regioni autonome. Perché proprio l’acqua? E quali saranno le conseguenze più immediate per i cittadini? Secondo Roberto Della Seta, capogruppo del Pd nella Commissione Ambiente del Senato, “il rischio è la sostituzione, nella gestione dell’acqua, delle società pubbliche con un ristretto oligopolio di multinazionali”. Con una lievitazione delle tariffe e nessuna garanzia per la manutenzione della rete, che rimarrà di proprietà pubblica. “L’ulteriore rischio – ha continuato Della Seta – è che ai privati vadano i profitti della gestione dell’acqua e allo Stato rimangano gli oneri della manutenzione delle reti, che come è noto sono un colabrodo e perdono circa un terzo dell’acqua”. Raffaella Mariani, deputata del Pd, ha messo in luce un altro importante aspetto, che ha provocato il mal di pancia pure della Lega, e ha definito “forzata e affrettata” la scelta di inserire nel provvedimento la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Secondo la Mariani non sempre il modello privatistico nei servizi pubblici locali combina “un servizio efficiente e costi congrui per i cittadini”. Non a caso la Lega ha fatto approvare un ordine del giorno con cui chiede che, nella stesura del regolamento attuativo dell’articolo 15, venga considerata l’ipotesi di deroghe per i Comuni “virtuosi” che, tramite la gestione in house, riescono comunque a mantenere tariffe basse e un buon livello di servizio.
Il capogruppo alla Camera Roberto Cota, annunciando il voto favorevole del Carroccio, ha tenuto infatti a sottolineare che “la Lega si impegna a difendere ‘il patrimonio’ delle aziende ex municipalizzate dall’aggressività delle grosse multinazionali straniere”. “L’ingresso dei privati – ha continuato Cota – riguarda la gestione della rete: ma tali gestori dovranno rispettare determinate condizioni previste nei contratti di concessione, e se non le rispettano si revoca la concessione e si fa un nuovo contratto”. E mentre le ex municipalizzate, per bocca di Roberto Bozzano di Federutility (che riunisce 460 aziende dei servizi pubblici locali e il 95 per cento degli acquedottisti italiani) si dicono “disponibili sia alla competizione sia alla collaborazione con i nuovi investitori”, perché “certe” di essere comunque “i migliori gestori delle risorse idriche nel paese”, alcune Regioni preparano ricorsi. E l’Italia dei Valori, denunciando il via libera a “impropri monopoli privati”, annuncia il referendum abrogativo.